di Giuseppe Schembari
Salone dell’auto di New York 1954. Due nuove stelle si affacciano nello stand della Mercedes-Benz. Insieme alla attesissima 300 SL “Ali di Gabbiano”, la casa tedesca sbarca anche due prototipi della nuova Mercedes 190 SL (acronimo di “Sport Leicht”, ovvero “Sportiva Leggera”). Uno nella foto sotto. L’altro, più estremo, era stato allestito in versione Roadster che oltre alla presa d’aria sul cofano, presentava un singolo piccolo parabrezza per il guidatore, portiere a profilo ribassato, priva di cristalli laterali e, infine, montava il modernissimo sei cilindri di 3 litri della 300.

Fu subito un grande successo di critica che affermò il geniale intuito di Max Hoffman, importatore americano del marchio di Stoccarda, che già da tempo perorava la causa di una spider più accessibile rispetto alla costosa 300 SL. Consapevole che la sorella maggiore, vera supercar dell’epoca, potesse essere destinata soltanto ad una clientela molto facoltosa. La 190 SL, invece, pur richiamando le linee della sorella maggiore (dovute probabilmente agli stessi ideatori della 300 SL, cioè Karl Wilfert e Friedrich Geiger) era più economica e poteva sperare di catturare l’attenzione di un pubblico di gran lunga più ampio. Hoffmann si impegnò ad acquistare 200 vetture al mese, ma allo stesso tempo sollecitò anche alcune modifiche. La versione definitiva giungerà soltanto l’anno successivo, al Salone di Ginevra del 1955.

Rispetto alle due “concept-car” del 1954, le linee erano apparse più signorili e meno aggressive. Fu rivisto il disegno dell’anteriore con un cofano meno spiovente e con una gobba centrale al posto della presa d’aria. La calandra, rivisitata, presentava dimensioni maggiorate e i lampeggiarori sotto i fari di forma rotonda. Nel paraurti posteriore furono aggiunti dei rostri e negli interni venne modificato il cruscotto e la posizione della leva del cambio.

Il progetto della 190 SL (W121BII) partì dal pianale della 180, opportunamente irrigidito, che venne accorciato a 240 cm, ma risultò comunque troppo pesante. Un problema al quale si cercò di ovviare in qualche modo impiegando delle lamiere in lega leggera per cofani e portiere. Per il motore si scelse una nuova soluzione derivata dal sei cilindri della sorella maggiore: un quattro cilindri monoalbero a valvole in testa di 1897 cc., 105 cv a 5700 giri/min per una velocità massima di 170 km/h. L’alimentazione era garantita da 2 carburatori Solex PHH 44 (sostituibili con i più affidabili Weber 40DCOE 24). Il gruppo motopropulsore venne fissato su di un telaio ausiliario e ancorato su tre punti ammortizzati da silentblock in gomma.

Nel corso del 1961 il motore subì un aggiornamento con particolare riferimento alla conformazione della distribuzione, differenziandosi dal precedente M121 BII con la sigla M121 BIX.
Al tempo le modeste prestazioni suscitarono aspre critiche, oggi, nell’uso che se ne può fare, da storica, si è di certo più benevoli nei giudizi e si apprezzano soprattutto l’elasticità di marcia, il grande confort e l’eccezionale qualità costruttiva.
Le sospensioni anteriori indipendenti prevedevano dei quadrilateri deformabili, molle elicoidali, barra antirollio e ammortizzatori idraulici. Nel posteriore venne adottato, invece, uno schema a semiassi oscillanti ad articolazione centrale, molle elicoidali e ammortizzatori idraulici. Il cambio era a 4 marce tutte sincronizzate, i freni a tamburo con servofreno e la trazione posteriore. Il peso risultò di 1080 kg.
Le vendite iniziarono nel maggio 1955, sulla scia del grande successo di Stirling Moss e Denis Jenkinson alla Mille Miglia dello stesso anno con la 300 SLR. La gamma venne articolata in tre versioni: Roadster, Coupé (con hardtop amovibile) e Sportwagen, con porte ribassate in alluminio, aeroscreen di plexiglas davanti al guidatore, priva di cristalli laterali e allestimento semplificato. Quest’ultima venne prodotta in pochissimi esemplari (ufficialmente 17).

La coupè (sigla W121.040) si distingue dalla spider (W121.042) per una dotazione di serie più ricca, che comprende, tra l’altro, la selleria in pelle (anziché in vinile), sedili con schienale reclinabile, modanature lucide applicati ai “baffi”, parasassi cromati ai parafanghi posteriori, alette parasole imbottite e rivestite in feltro (piuttosto che in perpex). Ma in realtà molti di questi elementi potevano essere richiesti (a volte senza costi aggiuntivi, come gli interni in pelle) anche per la Roadster, compreso l’hardtop inizialmente realizzato in alluminio, e poi, agli inizi del 1956 (cioè dal numero di telaio 65009337), costruito in acciaio. Mentre il rivestimento interno rimase in vinile traforato. Stilisticamente, invece, l’unica modifica fu intradotta dal designer francese Paul Bracq nel 1959 (n. telaio 10015062), quando si intervenne sul lunotto, che diventò più ampio e avvolgente.

Negli anni, poi, la dotazione tese ad uniformarsi. Ad esempio i sedili con schienale regolabile diventarono di serie anche sulla Roadster già dal 1956, mentre quelli sportivi fissi entrarono nella lista degli accessori. E nel corso del tempo ci furono lievi interventi meccanici e stilistici. Tra il 1955 e il 1963 la 190 SL venne prodotta in 25.881 esemplari, di cui 10.368 esportate negli USA. Un numero enormemente superiore ai 752 esemplari dell’intera produzione della Lancia Aurelia B24, solo per fare un paragone con l’unico spider italiano simile per classe ed eleganza. Il prezzo, molto esoso in Italia, era di ben 4.200.000 lire (full-optional), contro i 2.600.000 della stessa Aurelia B24.

La 190 incarnò, come poche auto dell’epoca, quella insopprimibile voglia di sognare e di dimenticare il grigiore del periodo bellico del decennio precedente. Un sogno reso possibile dal sensibile miglioramento dell’economia, sia in Europa che negli States. Con la sua linea sensuale non mancò di ammaliare soprattutto il pubblico femminile. Non per caso, infatti, venne scelta da dive del cinema come Gina Lollobrigida, o Zsa Zsa Gabor, Maureen O’Hara e Silvana Mangano. Tuttavia fu Grace Kelly, insieme a Frank Sinatra, nell’indimenticabile “Alta Società”, film del 1956, a portare la 190 SL sotto i riflettori del grande schermo e renderla oggetto dei sogni di tutti gli appassionati delle quattro ruote. Tra gli estimatori del modello troviamo anche l’attore americano Cary Grant, il regista Alfred Hitchcock e l’ex batterista dei Beatles Ringo Starr.

