di Mariano Pepi
Nel più periferico paesino della Sicilia orientale – Biscari – oggi Acate, nasce nel 1922 Alfonso Leone, professore di Belle Lettere, figlio di Vincenzina Manusìa e di Attilio.
Il nostro Alfonso si rivela ben presto, a testimonianza di suoi stessi coetanei, un ragazzo studioso e consegue brillantemente la laurea in Lettere presso l’Ateneo di Catania con una tesi di storia greca, sotto la guida del suo caro maestro Santo Mazzarino. E proprio il prof. Mazzarino lo incoraggerà a proseguire gli studi storici; ma il giovane si rivelerà attratto dallo studio della lingua italiana.

Incomincia ben presto a insegnare nella scuola media di Acate e poi nelle scuole superiori della vicina Vittoria. Vi si recava con il bus di linea, ma a volte lo si vedeva arrivare con una Vespa Piaggio prima serie, imbacuccato con un impermeabile di colore chiaro e un’ampia visiera sul volto. Uno spettacolo per noi ragazzi che amavamo scherzare.

A Vittoria l’arcigno Preside Samperisi dirigeva “La Lucerna”, definita dallo stesso Leone “un’oscura rivista locale”, su cui si pubblicavano interessanti articoli di storia locale e di varia umanità a firma di diversi autori dell’intellighènzia vittoriese e dei dintorni: Salvatore Guglielmino, Virgilio Lavore, Carmelo Minardi e altri, tra cui il nostro Alfonso che si occupava di lingua e dialetto siciliano. Giovanni Ruffino, insigne studioso della Lingua italiana nell’Ateneo di Palermo, racconta che gli articoli di Leone erano attesi e seguiti con grande attenzione e trovavano lusinghieri consensi, al punto di consentirgli la pubblicazione di vari contributi nel prestigioso Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani (CSFLS) di Palermo, tra cui la moderna edizione del Vocabolario siciliano-latino dello Scobar (Palermo, CSFLS, 1990).

Il leitmotiv che animerà tutta la sua attività di insegnante e studioso è stato, come detto, l’amore per la Lingua italiana attraverso la simbiosi con il nostro dialetto, sul quale il prof. Leone darà un ricco contributo fatto anche di intuizioni originali in gran parte condivisibili. Tra l’altro, nei suoi studi, si affidava alla voce delle persone del popolo: venditori ambulanti, persone anziane, tra cui la stessa madre Vincenzina (ricordata in una commossa e affettuosa dedica nel suo libro quasi autobiografico “Dai fèrcoli d’oro agli ombrosi carrubi”, 1992). L’amore e la conoscenza del siciliano sono profusi in vari scritti, tra cui l’opera “Profilo di sintassi siciliana” (CSFLS, 1995) e le aggiunte ai vocabolari del Piccitto e del Traina (CSFLS,XIV).
Ebbe la fortuna, per la propria formazione umana e scientifica, di conoscere e di seguire il magistero di grandi maestri: Vittore Pisani, Gerhard Rohlfs, Raffaele Spongano, Giovanni Nencioni, Giuseppe Cusimano, Carlo Cordié, Giuseppe Petronio e altri. Una volta, ebbe a dirmi di aver mandato un piccolo saggio sul Leopardi al grande critico e scrittore Attilio Momigliano, che gli rispose con una breve cartolina che conservava gelosamente. Ma il maestro con cui instaurò un duraturo sodalizio fu l’insigne storico della lingua italiana Bruno Migliorini, celebre autore della “Storia della lingua italiana” (più volte ristampata), Presidente dell’Accademia della Crusca (a cui seguì Giovanni Nencioni) e direttore della rivista “Lingua Nostra” sulla quale Leone scrisse una serie numerosa e importante di articoli sulla lingua.

Tra Alfonso Leone e Bruno Migliorini esiste uno scambio umano e culturale fecondo, testimoniato non solo dagli scritti su “Lingua Nostra”, ma anche da uno scambio epistolare inedito e dalla collaborazione per una grammatica della Lingua italiana che uscì in tre edizioni: “Lingua d’Italia”, “Grammatica italiana” e “Avviamento al comporre” nel 1962; poi nel 1964 e 1971 con il titolo definitivo “Lingua viva”.
L’edizione “Avviamento al comporre” (editore Le Monnier) è una grammatica della lingua semplice e precisa per le scuole medie, il cui rigore scientifico è indubbio. La prima parte è svolta dal Migliorini, la seconda, relativa propriamente all’avviamento al comporre, è svolta dal prof. Leone che presenta una scelta di vari esempi proposti ai giovani lettori e una serie di consigli utili per la composizione: dall’osservazione alla forma. Risulta interessante anche quello che viene suggerito nella composizione del diario.
Il rapporto personale con il prof. Migliorini è stato fecondo e ricco di risultati e comprendeva anche la proposta di collaborazione per alcune voci e/o sezioni e strutture della Enciclopedia dantesca della Treccani. Peccato che il nostro prof. non vi abbia potuto collaborare per problemi personali. Nell’ambito degli studi danteschi la sua competenza era infatti di grande livello e testimoniata da vari contributi. Tra questi va ricordato l’articolo su “Cosa fatta capo ha” in “Lingua nostra” (2005, 1-2), citato nel recente commento all’Inferno di Dante (Inf. XXVIII, 107) a cura di Saverio Bellomo, pubblicato dall’editore Einaudi nel 2013.
Nel volumetto dal titolo esiodeo “Le opere e i giorni” (2004), seguito dal supplemento (2011), che registrano la vita e le opere di Alfonso Leone, vi sono centinaia di scritti apparsi in varie riviste di rigoroso profilo scientifico e di alcune di opere a volume recensite e presentate da vari studiosi altamente qualificati; tra cui si ricorda: “Conversazioni sulla lingua italiana”, con una puntuale presentazione di Giovanni Nencioni e pubblicata dal prestigioso editore Olschki di Firenze nel 2002. Poi “Complementi di grammatica italiana: l’origine latina e l’evoluzione storica della lingua, le strutture, rilievi stilistici e metrici”, Palermo, 1986. Recensita da Claudio Marazzini che sottolineerà come “la norma” della grammatica tradizionale “è tenuta nella debita considerazione, ma con disponibilità a cogliere i processi storici, i fenomeni nuovi, gli usi locali…”
Tra gli scritti di Leone figurano vari articoli di interesse locale. Piace ricordare “San Vincenzo Martire” (La Sicilia, 11.5.1984), “Storia da ‘nciuria” (La Sicilia, 2.10.1984, “Ricordo di Carlo Addario” un carissimo amico acatese, insegnante di tante generazioni e animatore del Venerdì santo. Infine piace concludere ricordando i due volumi di sapore autobiografico: “Fronde sparse” e “Dai fèrcoli d’oro agli ombrosi carrubi”, evocanti immagini e profumi dell’infanzia, tra sorrisi e amarezza di uno spirito affabulante che vive “nell’angolo più meridionale di un’isola invano stupenda” (Le opere e i giorni, p.7).
Mariano Pepi è stato direttore della biblioteca civica G. Verga di Ragusa.
2 Comments
Grazie al Dottor Mariano Pepi per questo puntuale e documentato contributo a ricordo di mio padre.
Complimentiper le tue attente considerazioni.