di Giuseppe Cultrera
Piazza Duomo, nel secolo scorso, fu animata da due personaggi esemplari per arguzia e afflato umano. Entrambi putiàri e pertanto in costante comunione con la popolazione del tempo. E pure parenti (ma in un piccolo paese come il nostro chi non ha un filo di parentela con chicchessia?).
Il primo, il tabaccaio don Peppino Comitini, teneva bottega di rimpetto alla Chiesa Madre e tra i numerosi clienti aveva popolani, artigiani e contadini ma anche cavalieri, notabili e politici con i quali scambiava confidenze o chiacchiere futili, mordaci analisi e umane condivisioni. Esternate, spesso, nei versi vernacolari di ‘Cosi ri casa’ (1936). Nella ‘putìa lurda e affumata’ c’era pure l’occorrente per servire una tazza di caffè ed un tavolo per la partita a carte: quest’ultimo però riservato solo ad una ristretta cerchia di amici.

Personificazione del Mastro don Gesualdo o Mazzarò di verghiana memoria, Don Carruzzo – Carlo Brullo all’anagrafe – gestiva la putìa più frequentata del paese. Nella quale c’era di tutto: alimentari, detergenti, casalinghi, carburanti, materiali per l’edilizia e per l’agricoltura. Insomma un bazar o un suk mediorientale, al cui eclettico gestore sembrava appartenere il nostro don Carruzzo.

Lo appittàva, con caustici versi, lo zio Giuseppe Comitini:
‘Curtuliddu cu l’ucciali – sempri ‘ntraficu; un cardiddu
c’o cirbieddu c’on c’è mali – ma ri cori picciriddu’
La sua putìa fu per molti di noi – ma lo era stato prima per i genitori ed i nonni – un posto familiare, approdo a sapori e miraggi immateriali (come dimenticare il panino con la profumata e trasparente mortadella o con la crema Alba; e la visione, che scatenava l’acquolina in bocca, degli sciusciù e le pastiglie Valda ermeticamente chiusi nelle bocce di cristallo!).

C’era sempre don Carruzzo, tutti i giorni dall’alba a notte fonda, nell’antro all’angolo destro della piazza e con lui l’immancabile picciuttu, Don Pippinu, clone aiutante. Pronto ai comandi, solerte instancabile, paziente. Sempre. Gli anni passavano e lui continuava ad essere per tutti ‘u picciuottu’. Finchè un giorno la putìa rimase chiusa e ci accorgemmo che don Carruzzo, come i diafani personaggi dell’Antologia di ‘Spoon River’, adesso dormiva sulla collina. Don Pippino, sparigliato, lo vedemmo qualche volta in giro ma ora sembrava cresciuto di colpo, invecchiato all’improvviso.
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Ricordi di un tempo lontano ma rimasti nella mente e nel cuore di chi,come me,li ha conosciuti e immediatamente riconosciuti da quest foto.Bei ricordi