di Giovanna Giallongo
Di leggende ne è pieno il mondo e l’amore, molto spesso, è il fulcro di storie senza tempo che non lasciano spazio a quesiti come: “Si tratta di realtà o finzione?”.
La leggerezza d’animo, generata dalla lettura o dall’ascolto di storie del genere, è così soddisfacente da colmare qualsiasi tipo di lacuna. Quando si racconta un amore appassionato, la cui veridicità è limitrofa ai confini della fantasia, il fascino che se ne subisce porta menti particolarmente affini all’arte alla creazione di opere che vivranno per sempre nel cuore dei posteri di ogni generazione.
Shakespeare, per esempio, celebrò la storia d’amore tra il romano Antonio e l’egiziana Cleopatra attraverso una tragedia che ispirò poi ben sei film. Esistono curiosità e dettagli che hanno permesso al drammaturgo inglese di rendere la sua opera fonte di ispirazione per secoli. Vediamoli insieme!

No alle smancerie
Shakespeare, da abile drammaturgo, non espone i sentimenti dei due protagonisti attraverso l’uso di smancerie linguistiche, al contrario. Antonio non dà mai alcun riferimento delle fattezze della regina Cleopatra. Il lettore capta la sua bellezza attraverso dettagli relativi al suo portamento e al vestiario. Inoltre, per conservare l’allure di riverenza nei confronti di Cleopatra, non pronuncia mai il suo nome. Si riferisce a lei chiamandola Egitto o, in intimità, Amore.
«Amore, sono pieno di piombo»
Come ogni tragedia Shakespeariana che si rispetti, nel testo compare spesso un presagio funesto che anticipa la venuta di uno o più eventi sfavorevoli. Nel caso di Antonio e Cleopatra, la frase: «Amore, sono pieno di piombo» indica uno stato emotivo angosciante e, infatti, da quel momento in poi la storia prende una piega sempre più tragica.

Il tradimento del sesso
Nella sua accezione brutale e irriflessa, un tema cardine di questa tragedia è il sesso e ciò viene dimostrato dal fatto che Antonio, uomo di alte qualità militari e politiche, perde la guerra preferendo la dominazione di Cleopatra. Egli è mostrato nei suoi aspetti individualistici declinati nell’amore per la tavola, divertimento e per la pulsione carnale per Cleopatra, la quale non lo risparmia dalle sofisticate e seducenti torture femminili.
Lo mette costantemente alla prova privandogli l’approvazione quando lui più la desidera, umiliandolo quando vorrebbe brillare ai suoi occhi, instillandogli il dubbio di non essere importante per lei quando egli vorrebbe essere il suo “unico” per poi mostrargli infinito amore nel talamo che costituirà non solo il vincolo d’amore ma, soprattutto, quello di morte.

Antonio diventa nemico di Roma perché di Cleopatra non ne può fare a meno. La sua politica orientalistica cozza con le mire espansionistiche di Ottaviano e la sua incapacità di ritornare nell’Urbe diventa una colpa troppo grande agli occhi del suo popolo.
Passione e politica sono due navi che non navigano nello stesso mare e i due amanti lo sanno bene. Consci del pericolo che corrono, ingannati dal destino e dai loro stessi sentimenti, si lasciano morire facendo sì che non solamente la loro passione ma perfino la loro tragica fine diventi leggenda.