ovvero
Diverso non significa sbagliato
di Giulia Cultrera
Anna di Green Gables è un uragano di emozioni e di parole. Il suo soprannome indiano è Melkitaulamun, “cuore forte e coraggioso”, perché nonostante un’infanzia piena di sofferenze e di rifiuti, è in grado di trovare il bello in ogni circostanza e di battersi strenuamente per ogni causa in cui crede.Sì, perché Anna non si lascia sopraffare dalla cattiveria di chi la circonda ma mantiene un animo puro rifugiandosi nella lettura, nella scrittura e nell’immaginazione.
Le citazioni e i riferimenti alla letteratura inglese dell’Ottocento sono centrali nella serie, difatti ogni stagione di Chiamatemi Anna rimanda a uno specifico romanzo, da cui sono tratti anche i titoli di ciascun episodio. La prima stagione si ispira a Jane Eyre di Charlotte Brontë, la seconda a Middlemarch di George Eliot e la terza, guarda caso, a Frankenstein di Mary Shelley.
Scaricata da più famiglie e maltrattata anche in orfanotrofio, Anna non accetta la sua personalità e il suo aspetto. Si lascia in parte condizionare dai giudizi di chi la ritiene brutta, strana ed eccessivamente logorroica. Crea così un mondo immaginario in cui la principessa Cordelia, suo alter ego, è apprezzata e accettata proprio per le sue peculiarità e diversità.
Chiamatemi Anna è un romanzo di formazione che, nell’arco di tre stagioni, accompagna la protagonista verso l’età adulta. Gradualmente, Anna abbandona Cordelia e si rifugia sempre meno nell’immaginazione. Non certo perché abbia raggiunto una fase di disincanto o posto un freno alla sua creatività, ma perché è diventata più forte e più sicura di sé.
Ha acquisito una grande consapevolezza: ciò che prima si limitava a immaginare adesso può accadere davvero perché lei è in grado di affermare il proprio pensiero e di lottare per i diritti e gli ideali in cui crede.
La serie è un perfetto manifesto femminista: non a caso si ispira a grandi scrittrici femminili che hanno denunciato le ingiustizie e le disparità dei propri tempi. Parlare di uguaglianza, accettazione di sé e del diverso appare già difficile oggi, figuriamoci alla fine del 1800. Eppure, Chiamatemi Anna ci riesce alla perfezione grazie alle sottotrame che approfondiscono aspetti importanti e aprono numerosi spunti di riflessione.
E il messaggio, alla fine, è sempre lo stesso: accettare sé stessi e gli altri, ciascuno con le proprie debolezze, differenze e unicità.
Non siete ancora convinti? Ecco il trailer di Chiamatemi Anna.