di Giovanna Giallongo
Bel Ami è il secondo romanzo di Guy de Maupassant, pubblicato nel 1885 dall’editore Paul Ollendorf. Si tratta di un romanzo realista attraverso il quale l’autore fornisce un’immagine chiara della società parigina dell’epoca. L’abile ed elegante penna di Maupassant ci presenta dunque uno dei personaggi più discutibili e discussi del panorama letterario mondiale: Georges Duroy. Ignorante, furbo, superficiale e privo di scrupoli, dotato di un suadente aspetto che farà di lui l’oggetto del desiderio femminile conseguendo perfino l’epiteto “Bel Ami”.
Grazie al fortuito incontro con Charles Forestier, vecchio commilitone divenuto poi giornalista, Georges si introduce nel giornale “La Vie Française” iniziando così la sua scalata sociale.
Dinanzi a quel foglio vuoto che attende solamente di essere riempito con sapienti parole, Georges si ritrova perso tra le distese della sua incapacità e inettitudine.
Arso dal bruciante desiderio di raggiungere l’apice del successo e stanco di un passato che lo costringe a ricordare la miseria dalla quale proviene, Duroy cede inizialmente il sacro dovere della scrittura al raffinato ingegno femminile di Madeleine – moglie del collega Forestier – la quale rappresenterà la pietra miliare delle sue conquiste parigine.
Bel Ami è l’inganno che si insinua nel quieto sorriso di un amico che altro non vede se non un’opportunità, la prorompente e fresca bellezza che irrompe nella vita di una signora – forse annoiata – a cui i pettegolezzi e gli intrighi di una società vivace potrebbero non interessare più.

Bel Ami è l’insaziabile scalata al successo il cui ritmo incessante non ammette pause né debolezze né sentimenti. La machiavellica considerazione che le persone siano gradini da salire d’un fiato, senza prestare alcuna attenzione o preoccupazione, per arrivare il prima possibile a quella posizione sociale che, probabilmente, giustificherebbe quel titolo di ascendenza nobiliare di cui il neo “Du Roy” si fregia.
Senza dubbio, Maupassant offre un’immagine dissacrante dell’uomo e della sua sfrenata voglia di arrivare, tuttavia l’autore fa parlare la realtà così come la osserva, con ironia e arguzia. Una realtà pervasa da disprezzo e bonario divertimento. Consolazione, redenzione e compassione non sono principi da ricercare nel personaggio di Maupassant che, senza tregua, lotta per afferrare un dolce avvenire con astuzia e ben celata crudeltà trasformando un meschino cannibalismo sociale in una filosofia del successo.

Il dibattito nato tra gli amici della Pizza Letteraria è stato più vivido che mai.
Alcuni si sono concentrati molto sull’aspetto stilistico e sintattico dell’opera apprezzandone l’eleganza della terminologia usata, la forte capacità di Maupassant di trasformare delle “semplici” frasi in vere e proprie pennellate della società e l’intensità della trama sorretta da un climax perfettamente costruito e sempre più coinvolgente. Altri hanno espresso le loro aspettative disilluse concentrandosi molto di più sulla morale stessa del personaggio e su una auspicabile evoluzione psicologica che, purtroppo, non esiste.
Pareri discordanti, è vero, ma pur sempre riflessioni che dimostrano l’elaborazione psicologica di un’opera che ha catalizzato l’attenzione di ognuno in modo diverso e, proprio per questo, magnifico.