ovvero
Un viaggio introspettivo
di Giulia Cultrera
Sono poche le certezze nella vita, tra queste il fatto che Bojack Horseman sia uno dei migliori prodotti d’animazione in circolazione. Lo so, magari i disegni possono non piacere, ma bisogna superare questo scoglio iniziale. Ne vale davvero la pena.
I personaggi sono, per lo più, animali antropomorfi con caratteristiche anche troppo umane: individui spezzati, spesso insoddisfatti, che cercano di trovare il proprio posto nel mondo ma si perdono lungo la strada. In prenda alle proprie fragilità e insicurezze, ricadono sempre negli stessi schemi negativi.
Come nel caso di Modern Family, anche in Bojack Horseman l’essenza della serie può essere condensata in un singolo episodio, “Un pesce fuor d’acqua”. Il titolo è abbastanza esplicativo: i temi affrontati riguardano l’incomunicabilità e l’incapacità di stare al mondo, caratteristiche comuni a tutti i personaggi.
Una puntata decisamente fuori dagli schemi, che non lascia spazio alle parole e riempie il vuoto comunicativo con gestualità, espressività del volto, musica e colori. Perfetta metafora della vita di Bojack: si ritrova in un ambiente estraneo in cui non riesce a esprimersi, intrappolato in una situazione che non è in grado di controllare.
L’incomunicabilità accentua il suo senso di solitudine e fa riemergere vecchi traumi e insicurezze. Il disagio e la frustrazione prendono il sopravvento: sensazioni che prova costantemente nella sua vita e che gli impediscono di creare dei legami profondi e sani con chi lo circonda.
Nel corso delle stagioni si alternano momenti di lucidità in cui Bojack prende coscienza dei propri problemi. Tuttavia, la voglia di riscatto e di rimettersi in gioco deve fare i conti con le sue manie autodistruttive, che sfociano regolarmente nella dipendenza da alcolici e da sostanze stupefacenti.
Una spirale negativa che frammenta ancora di più il personaggio e fagocita chiunque gli stia attorno: è impossibile instaurare relazioni profonde senza trascinare con sé anche gli altri personaggi.
E qui Bojack Horseman ci insegna una verità assoluta: siamo noi il peggior nemico di noi stessi e gli ostacoli che incontriamo, spesso, sono inconsciamente auto-imposti.
Cosa rimane allo spettatore? Una maggiore consapevolezza sui limiti e sulle fragilità che ci contraddistinguono e che spesso ci dominano. Bojack è in ognuno di noi. È la vocina che ci dice di mollare, l’istinto che ci porta a ignorare il problema. È il sentimento contrastante – e spesso autodistruttivo – che caratterizza qualsiasi individuo.
Questo è Bojack, un cavallo antropomorfo terribilmente umano.