di Giuseppe Leone
‘Contammo le lastre. Erano più di quattrocento, un tesoretto da faraone. Affidate per lo sviluppo ad un esperto, palesarono una galleria di ritratti e scene, frammenti di vita d’una minuscola fattoria fra la fine del secolo scorso e l’esordio del nostro; e, insieme, la cronaca-storia d’una famiglia, dei suoi fasti, lutti, vacanze, incombenze quotidiane…’
Affido alle parole di Gesualdo Bufalino l’inizio di questo mio pensiero sull’amico Dino, che fa parte della mia storia personale, professionale e di amicizia con alcuni di quei grandi scrittori che hanno segnato la storia della nostra letteratura.

Era il 1977 quando Sellerio mi richiese una consulenza, in casa editrice, per visionare delle stampe da lastre, di fine ottocento, ricevute da uno sconosciuto professore di Comiso. D’accordo entrambi che potessero essere stampate decisamente meglio, soprattutto ai fini della realizzazione di una stampa tipografica, presi l’incarico di restaurarle e stamparle. Inoltre mi si chiese di fare da tramite con l’ignoto professor Bufalino.

Il timore di Enzo Sellerio era ovviamente che ci si ritrovasse di fronte ad uno studioso di storie patrie, grafomane pericoloso. Mi disse che il progetto era nato a seguito del ritrovamento di un gran numero di quelle lastre in vetro, da parte di un nobile di Comiso, all’interno di un cassettone nel ripostiglio del suo palazzo. Queste risultarono essere, poi, circa quattrocento e tutte rappresentanti scene di vita signorile di una famiglia siciliana, fotografie di contadini, di campieri e di tutta quella gente che viveva all’interno del feudo. Immagini straordinarie che raccontavano scorci di vita e di storia umana in Sicilia.

Il nobile di Comiso coinvolse il professor Bufalino affinché ne realizzasse una pubblicazione, mettendo in moto una macchina che avrebbe segnato la vita di tutti. Gesualdo, che stava già scrivendo il testo, attraverso l’assessore regionale Alberto Bombace, incaricò la casa editrice Sellerio di occuparsi della pubblicazione e io fui, come detto, coinvolto nel restauro e nella stampa delle lastre.

Accettando l’incarico mi trovai da un lato Enzo Sellerio che premeva per capire quale fosse la qualità del testo dell’anonimo professore e lo stesso, dall’altro, che insisteva nell’aggiungere più immagini. Dopo circa due mesi conclusi il restauro e la stampa e, apprestandomi a consegnare tutto alla casa editrice, Gesualdo mi affidò il testo completo chiedendomi, a sua volta, di recapitarlo alla Sellerio.

Lo scritto fu consegnato come richiesto ai Sellerio, contenuto in una grande busta, lo lessero e rilessero con avidità, rimasero sbalorditi per la bellezza e le straordinarie capacità del professore di Comiso, per la scrittura incisiva, poetica e fortemente evocativa. Il seguito è storia nota, il testo sorprese tutti e i Sellerio si chiesero subito se il sessantenne docente avesse altre opere conservate nel cassetto; dopo alcune pressioni, tra queste l’intervento spronatore di Leonardo Sciascia, Bufalino si decise a consegnare il manoscritto dal titolo ‘Diceria dell’untore’, che venne pubblicato dalla casa editrice e che vinse nel 1981 il premio Campiello.

Da quel momento in poi quell’anonimo professor Gesualdo Bufalino fu conosciuto e riconosciuto come grande scrittore. E questa è soltanto una piccola parte, tra le tante della mia storia, che narra dell’amicizia che mi legò ad alcuni dei grandi scrittori del Novecento.
Giuseppe Leone, siciliano (vive e lavora a Ragusa), con i suoi scatti racconta la Sicilia attraverso fotografie di persone, paesaggi, architettura feste, luoghi e moda. A colori e soprattutto con il prediletto bianco e nero. Ha collaborato con riviste Nazionali ed Internazionali, con case editrici e con case di moda note, come Dolce & Gabbana. Ha esordito illustrando il volume di Antonino Uccello La civiltà del legno in Sicilia (Cavallotto, 1973). Da allora le sue fotografie hanno arricchito numerosi libri, cataloghi e riviste di editori italiani e stranieri.
