Il cammino di Santiago è stato per l’autore della presente nota, Leonardo Brullo, un’esperienza memorabile. Ma la sua attenzione narrativa, con toni a tratti ironici, è qui concentrata sulla tratta più dura e affascinante di tutto il cammino: la ‘Ruta De Los Hospitales’. Buona lettura.
di Leonardo Brullo
Lontani da ogni sorta di comodità, ci si deve adattare agli ostelli, alle lunghe ore di cammino, alle usanze locali e al confronto con gente proveniente da ogni parte del mondo. Siamo a distanze siderali dal concetto di ‘turismo’ comunemente inteso. Partito da Chiaramonte mi sono trovato insieme ad un giovane prete, Padre Graziano Martorana, che si è rivelato un ottimo compagno di viaggio. Ho anche provato a convertirlo al mio agnosticismo, ma non ci sono riuscito.23 Settembre 2018. Siamo a Campiello, nelle Asturie, nord della Spagna. Nel ‘paesino’ ci sono circa dieci case, due ostelli (albergues) e un negozio di alimentari. Diverse volte al giorno passano dal ‘corso principale’ dei pastori con mandrie di bestiame. Cacca che va a sommarsi alla cacca delle mandrie precedenti. Poi è probabile che qualche cane ci passi sopra per poi magari entrare in un albergue o nel negozio di alimentari, rendendo l’intera cittadina un paese di cacca di mucca. Lo spirito di adattamento è stato forte.
Nell’albergue c’erano una dozzina di posti letto e almeno quattro pellegrini dormivano producendo un rumore simile a quello di un motozappa, Padre Graziano compreso. Si, lo spirito di adattamento è stato proprio forte. Fortunatamente avevo con me l’infallibile kit del sonno perfetto: maschera da notte, tappi per le orecchie e una pillola di melatonina.
Sono le 06:00 del mattino. E’ ancora buio e la sveglia suona. Ci vestiamo, prepariamo lo zaino e cominciamo ad incamminarci.Trovo affascinante partire al buio prima dell’alba. Mentre amici e genitori dormono ancora per poi cominciare la giornata tuffandosi nel traffico con l’auto, andare a lavoro o all’università. Io invece mi inoltro al buio nel bosco fitto. Non si vede nulla. Niente. L’unica cosa che riesco a scorgere sono le stelle. Non ne ho mai viste così tante. Una volta stellata che viene interrotta dalla sagoma delle montagne all’orizzonte.
Pian piano, lentamente, tutto inizia a colorarsi. Ho scoperto che le albe e i tramonti possono avere colori differenti nei diversi posti in cui ci si trova. Lì sono decisamente rosacei. Uniti ai banchi di nebbia si crea un’atmosfera surreale. Quel giorno, poi, era così fitta da scoraggiare il cammino. Ma ancora ignoravamo che sarebbe stata la cosa meno problematica del percorso… (continua. Clicca qui)