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di Letizia Dimartino

Prima di Natale andavamo a Catania, nel sole e nel tepore dell’auto. Durante sentivamo le musiche di Bacarach, e i giardini di aranci avevano i frutti appesi ai piccoli alberi disposti in file ordinate, lungo la strada. Il cielo celeste nel primo pomeriggio, la mia gonna cortissima e scozzese, le gambe velate dai collant per sentirmi una londinese. La testa appoggiata al finestrino, il desiderio di essere nella città amata che era diversa da Ragusa, i negozi moderni, le pasticcerie profumate, il nero dei palazzi, il tempo come fermo, le donne piccole e scure, la bellezza nostra, le compere affannose e la sciarpa da togliere, e il cappotto da scostare dalle spalle, la diversità e la gioia. Una spremuta, un cannolo, lo sguardo sulla Villa Bellini, sul teatro, sulla piazza di Santa Agata, il senso, l’eros dei miei giovani anni, tutto ciò che si poteva godere, la sera che si posava sull’Etna maestosa e già bianca in fondo alla via del centro, l’arancio del tramonto. Il ritorno per strade con curve impossibili, nel buio e nei sogni che facevo: d’amore, solo d’amore. Ed era Natale subito subito.

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