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di Giuseppe Cultrera

Le neviere furono una presenza viva e attiva dal XVII al XIX secolo a Chiaramonte: sul crinale del monte Arcibessi ne furono scavate oltre venti. Strutture, per 4/5 interrate, scavate nella roccia e sormontate da una copertura in muratura, che serviva a contenere la neve raccolta sul finire dell’autunno e durante l’inverno; dalla quali veniva estratta in blocchi ghiacciati in estate per essere venduta nelle città limitrofe, specialmente costiere.

La neviera di San Giuseppe in Contrada Santissimo a Chiaramonte (Ph Nicolò Gulino)

Il ghiaccio serviva a raffreddare la calura estiva, a conservare carne, pesce e cibi deteriorabili, a confezionare dolci – rinomati i sorbetti e le granite – e bevande fresche. Era indispensabile nella medicina e chirurgia: per tali finalità, specialmente, in ogni città era aperta (e spesso garantita e statuita da delibera del decurionato) una bottega del ghiaccio.

Com’è fatta una neviera

Oggi tutto ciò appare folkloristico, lontano. Eppure l’industria della neve – così si indicava, con accezione ottocentesca, la raccolta lavorazione e distribuzione della neve solidificata – fu una fiorente attività commerciale, con struttura organizzata (la società della neve e i consoli, erano sue emanazioni) e presenza costante in alcuni centri montani degli Iblei, Chiaramonte innanzitutto.

Primi del ‘900, la raccolta della neve a Chiaramonte

Evocano quell’epoca e quel duro lavoro, le strutture ancora presenti sull’altopiano dell’Arcibessi: testimonianze di storia, economia di sostentamento, archeologia industriale.
Per tutto ciò – per quello che evocano, testimoniano, stimolano – vanno tutelate. Bene ha fatto la Soprintendenza di Ragusa che ha posto il vincolo di tutela per parecchie (13) di quelle ancora presenti sull’altopiano dell’Arcibessi.

Paesaggio innevato attorno alla neviera di San Giuseppe

Qualche anno fa – in sinergia – il Comune di Chiaramonte Gulfi, l’Azienda Regionale Foreste Demaniale, il Club Alpino Italiano, sezione di Ragusa e l’Istituto Comprensivo S. A. Guastella, hanno curato il Sentiero per le neviere, indicato da apposita segnaletica.

Una tabella segnaletica per il “sentiero delle neviere”

Partendo dalla chiesetta delle Grazie si percorre l’antico tracciato, utilizzato in estate dai cavaddari per trasportare a valle e nelle città marine il ghiaccio estratto dalle neviere poste più in alto, specie dalle due comprese nell’itinerario: quella dei Macellai e quella dell’Arcibessi, due tra le più grandi e ancora ben conservate. Anzi quella dei Macellai, che porta incisa sull’architrave del portello dal quale si estraevano i blocchi ghiacciati la data 1783, è stata a cura della Forestale restaurata e ristrutturata come recipiente.

La neviera dei Macellai nel giorno dell’inaugurazione del “sentiero delle neviere” (maggio 2005)

Adesso sono rimaste vaghe tracce della segnaletica e dei cartelli: peccato, perché all’interno del bosco, tra le tante attrattive, queste significative e rare presenze di archeologia industriale, hanno un loro fascino e meritano una visita.

Foto di gruppo della inaugurazione del “sentiero delle neviere”, con gli alunni dell’Ist. Compr. S. A. Guastella di Chiaramonte
Neviera di S. Filippo in contrada Corulla (Ph Nicolò Gulino)
La neviera Arcibessi
Un tratto del “sentiero delle neviere”

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1 Comment

  1. Guido Noè Reply

    Importanti testimonianze della capacità intellettuale delle nostre genti del passato che dovrebbero essere maggiormente valorizzate per incrementare il turismo. Se le stesse cose fossero possedute da Francesi, Tedeschi o altri Paesi, sarebbero già oggetto di propaganda. Approfittiamo e!!!

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