di Luigi Lombardo
Dopo l’Unità d’Italia si rese necessario rinominare molti centri siciliani, a causa delle tantissime omonimie con altri comuni del neonato stato italiano. Gli esempi sono tantissimi: Novara di Sicilia, Monterosso Almo, Chiaramonte Gulfi, Palazzolo Acreide, Polizzi Generosa, Alcara Li fusi, Termini Imerese etc. Il secondo nome distintivo si partiva per la maggior parte da una medesima ideologia. Rifarsi ad antiche denominazioni, alle origini antiche della città; in altri di una semplice specificazione geografica: Novara di Sicilia ad esempio. Per Mazara si aggiunse Del Vallo per legarla alla antica prerogativa di città capovalle.

La ricerca (e la fantasia) degli storici locali cominciò a lavorare di fino, trovando delle volte denominazioni che facevano ridere e per questo non prese in considerazione. Tantissimi sono i casi di comuni che disseppelliscono il nome greco o romano dell’antica città: due esempi tipici sono Palazzolo e Chiaramonte, così come Termini, Calatafimi, Canicattini, Cattolica, Contessa, Galati, Giardini, Licodia, Mirabella, Montalbano, San Marco, Sant’Angelo, Scaletta. Molti comuni aggiunsero il nome dell’antico feudatario: Priolo (Gargallo), Motta (Camastra), Chiusa (Sclafani).

Chiaramonte certamente deriva dall’antica dinastia dei Chiaramonte, stirpe di origine francese (normanna), trasferita in Sicilia e che dominò la scena politica siciliana per almeno due secoli. Era così potente che diede il proprio nome alla città murata di propria fondazione, imprendibile alle falde dell’Arcibessi, a baluardo dell’ampia e ricchissima pianura, dove si trovavano i resti dell’antica Gulfi. A questa città i Chiaramontani si rivolsero al fine di qualificare la loro città, riportando in auge la “antica patria”.
La stessa cosa succede a Palazzolo. Qui il 28 Agosto del 1862 nella sessione n. 45 il Consiglio Comunale delibera:
«Il consiglio sulla considerazione che il Comune per trovarsi omonimo a vari altri del Regno trovasi nel caso di cui è oggetto la ministeriale dello interno n° 12783 […] nello svolgere quale aggiunta potrebbe farsi all’attuale denominazione, non volendo affatto cangiarla per motivi fondati sulle patrie storie e tradizioni, rimanendo naturalmente la speciale situazione appiè del monte dove surse la vetustissima Acre e da ove il popolo immediatamente alla di costei distruzione si tradusse a stanziarsi nell’attuale zona che da quasi otto secoli, attraverso li varii avvenimenti porta inalterato il nome di Palazzolo, a volere permanentemente indicare siffatta derivazione che altronde forma il patrimonio tradizionale di tutti, ad unanimità delibera che il comune di Palazzolo in provincia e circondario di Noto fosse riconosciuto e distinto dai comuni omonimi sotto la denominazione di Palazzolo-Acreide».
La delibera fu trasmessa al governo centrale che il 28 Giugno 1863 emise il “Regio decreto che autorizza alcuni comuni ad assumere nuove denominazioni”. Al 18° punto figura il comma riguardante Palazzolo che così recita: «[Si autorizza] il Comune di Palazzolo (Noto) ad assumere la denominazione di Palazzolo Acreide, in conformità della deliberazione presa il 28 agosto 1862 da quel Consiglio Comunale».
Contrasti politici, scontri di classe, tra fazioni più che tra veri e propri partiti percorrevano il Risorgimento ibleo. La divisione in quartieri e la loro caratterizzazione di parte politica (conservatori e progressisti) non bastava perché si ci misero anche i santi (o meglio furono messi in campo dai facinorosi di tutti gli schieramenti.

Comunque, superata la tempesta, occorreva riconciliare le parti nei limiti della normale guerra dei quartieri, quella antica, collaudata dove i santi giocavano alla “guerra”, senza toccare l’establishement locale. Il collante ideologico fu l’antica Madre. Una madre, tollerante, accogliente, pacifica, come le immagini materne delle madonne e delle sante venerate dal popolo. l’antica patria Akrai che tutti univa. La storia antica offrì il placebo alle antiche inquietudini.

I Palazzolesi scelsero di chiamarsi, oltre che Palazzolesi appunto, Acrensi, come gli accademici che nel settecento fondarono l’Accademia del Progresso. Chiaramonte scelse l’antica patria che un tempo prosperò nella piana ai piedi del munitissimo castello. Santa Croce aggiunse il nome della città greca di Camerina: la cultura classica forniva il materiale usato in un’operazione, in origine di natura amministrativa, ma che presto divenne il culmine di quella che tutti più o meno cerchiamo: le nostre origini, personali e collettive. Fu trovata alla fine l’antica madre.
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Per quanto attiene a Chiaramonte il luogo in cui sorse si chiamava già Gulfi, località estesa da non identificarsi solamente con l’antica patria dove sorge il santuario, i Chiaramonte, specificamente Manfredi, ne mutarono il nome in ossequio al loro casato.