di Giovanni Alescio
Ho frequentato il campetto di San Vito per anni, lo ha frequentato mio padre, lo hanno frequentato i miei amici e i suoi. Tutti noi siamo caduti e ci siamo fatti male in quella superficie dura, e tutti noi ci siamo meravigliati e abbiamo gioito quando è diventata soffice erbetta.
L’abbiamo sognato per anni, lo hanno sognato i vostri nipoti, i vostri figli, lo avete sognato anche voi.

Quando passo da quel campetto mi vengono in mente tanti ricordi, tanti abbracci, tante emozioni che solo chi ha vissuto ogni giorno quel posto per tutta l’infanzia ha provato.
Non esistevano i ‘social’, gli sms venivano usati raramente, e l’unico modo per mettersi d’accordo era il passaparola che si faceva a scuola o dal balcone di casa o, ancora, dal finestrino dell’auto mentre tornavi a casa.

Bastava un semplice ‘Ci vediamo a san Vito alle tre in punto, io porto il pallone’. E alle tre a san Vito i bambini eravamo talmente tanti che di squadre ne formavamo quattro.
Oggi sono ripassato da quel piazzale alle tre, certo la pandemia non aiuta, ma il silenzio che ho sentito ha fatto un rumore tale da sembrarmi a tratti assordante.

Per quanto siano passati gli anni e la società si sia di certo evoluta, una costante dei nostri giorni è rimasto l’amore e la passione per lo sport e, nel nostro paese in particolare, per quel gioco del calcio che manca dalle strade ormai da troppi anni. Da quando la nostra generazione si è fatta adulta ed ha iniziato a fare i conti con i problemi della vita. E se la situazione oggi è questa, quanti di voi immaginano come potrà essere un domani? E, ancora, quanti di voi come vorreste che sia quel domani?

Quell’immagine di un quartiere così tanto popolato anni fa, e così tanto silenzioso oggi, mi ha fatto porre queste due semplici domande, e se alla prima non ho ancora trovato una risposta, so di certo come vorrei che sia quel domani.

Vorrei vedere san Vito senza barriere, dove i bambini possano andare a giocare felici in quel campetto erboso e quelle porte che io non avevo nemmeno il coraggio di sognare.
Vorrei vedere i bambini esultare come Ronaldo, vorrei vederli urlare, abbracciarsi e ridere.
Vorrei non sentire più quel silenzio assordante, perché quel posto ha sempre pulsato di vita vera, quella delle tante generazioni di giovani appassionati che da lì sono transitate, e per questo vorrei che anche domani quella vita reale e pulsante potesse continuare ad esserci.

Ringraziamo la cortese disponibilità di Giovanni Noto per le foto storiche pubblicate come ‘Collezione Club Gulfi’
1 Comment
” senza barriere”.. quel luogo è un simbolo di liberta’ a porte chiuse 😭😭