di Grazia Dormiente
Il Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica (CTCM) dal 2010 con la direzione di Nino Scivoletto, cultore attento del ‘giacimento dolce’ di Modica per vicinanze affettive e familiari, ha iniziato uno straordinario percorso di ricerca e di impegno socio-culturale, confluito nel conferimento della IGP (Indicazione Geografica Protetta) al cioccolato di Modica, donando nel 2018 alla città iblea il titolo di Capitale Europea del Cioccolato.
Il cambiamento direttivo del CTCM si era rivelato vincente già nel settembre 2012 con le modifiche normative approvate dal Parlamento Europeo, che inseriva il cioccolato fra i prodotti ammissibili a tutela. Anche in quest’ambito il CTCM di Modica ha svolto un ruolo rilevante, com’è possibile desumere dalle dichiarazioni del presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, Paolo De Castro: «il Parlamento è riuscito a introdurre modifiche significative […] I marchi d’area, l’introduzione di un maggiore grado di semplificazione nelle procedure di autorizzazione dei prodotti DOP, IGP e STG ed anche la modifica dell’allegato, che finalmente apre anche al cioccolato la possibilità di avere un’indicazione geografica protetta. Colgo l’occasione per salutare gli amici del cioccolato di Modica presenti in sala».

L’indimenticata europarlamentare Rita Borsellino, incontrando a Strasburgo la delegazione dei cioccolatieri provenienti da Modica così dichiarava: «Il percorso avviato dal presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento Europeo, Paolo De Castro, è giunto così alla sua conclusione»
Si elaborava il Disciplinare di produzione, inglobante gli esiti della ricerca archivistica effettuata nel Fondo Grimaldi, custodito nell’Archivio di Stato di Ragusa-sez. di Modica.
Esiti che hanno consentito al team di ricercatori, coordinato dalla scrivente, di datare al 1746 la certezza anagrafica del cioccolato di Modica, documentando con fonti primarie gli artefici della delizia modicana.

A Modica, per secoli possedimento spagnolo, cicolateri almeno dal 1746 amalgamavano cacao amaro al servizio del nobile casato dei Grimaldi. Alla filiazione spagnola si attribuiva la consuetudine cioccolatiera delle aristocrazie locali, blasonati interpreti della vocazione nobile del cioccolato e della sua amabile convivialità. Nella seconda metà del ‘700 l’élite locale consumava cioccolata calda preferibilmente in due momenti ben distinti: al risveglio e nelle riunioni salottiere, utilizzando chicchere apposite oltre a splendide cioccolatiere d’argento. Così i nomi dei cioccolatieri Giuseppe Scivoletto, Antonino Lo Castro e il figlio Angelo, Giuseppe Melita e Giacinto Scapellato sono emersi dai fogli del tempo con tutta la loro documentata maestria.

I manoscritti, esposti con i relativi regesti nella sala ‘Ranieri III di Monaco’ del Museo del Cioccolato di Modica, inaugurato nel 2014, hanno restituito pure gli ingredienti quali cacaos, zuccaro, cannella, vanigli, ma anche ambra gricia e musco, i pesi, le dosature, gli utensili ed ancora il viaggio dei fidati bordonari che trasportavano il cacao da Palermo a Modica. Anche via mare, attraverso Siracusa e Malta, le fave di cacao giungevano a Pozzallo, antico caricatore della Contea di Modica.
Per comprendere tali percorsi è necessario ricordare che i primi carichi di cacao provenienti da Veracruz furono sbarcati a Siviglia da mercanti spagnoli e portoghesi. Successivamente una famiglia di abili commercianti portoghesi, Silva, di cui un membro era console spagnolo a Livorno, decretò quest’ultimo come il porto di smistamento del cacao… verso tutti i territori collegati alla monarchia spagnola (B. Campanile, 2016).
Validamente John Debono nel XVIII secolo asseriva che «Siciliani e Calabresi si provvedono da Malta di zucchero, caffè, cacao, cannella, aromi, […] Ed i Maltesi comprano in Sicilia la cenere di soda, il zolfo, l’allume, legumi, orzo, fromento, carrube per rivenderlo in Spagna, Italia o Marsiglia» (“Melita Historica”, Malta Historical Society 1988, vol. X, n. 1, p. 48.)A restituire, tuttavia, dettagliate considerazioni sul ruolo commerciale della Contea di Modica e delle sue delizie permangono le osservazioni di Paolo Balsamo, che nel 1808 così asseriva:
«I principali articoli del commercio [della contea] sono i grani, gli orzi, i vini, la canapa, i bestiami, i caci, le carrube ecc., dei quali se ne manda buona quantità al di fuori dell’Isola, e principalmente in Malta, con la quale fanno tutte quelle popolazioni un ricchissimo traffico. È cosa degna di considerazione che i Maltesi e gl’Inglesi di rado comprano le derrate territoriali della Contea con moneta, e quasi sempre danno in cambio per esse dei generi coloniali, dei panni, e delle altre manifatture […] e da Malta […] vi si riceve quanto si richiede di zucchero, di caffè, di rum, di rosolj […] e di tutte quelle merci oltremarine che necessitano al popolo e servono agli agi, ed al lusso dei benestanti, e dei grandi».Per restare nel campionario delle dolcezze sembra opportuno riferire i commenti degli studiosi S. Mercieca e M. Mangion ne ‘La via del dolce fra Malta e Sicilia’. Il ricettario di Michele Marceca 1748, pubblicato nel 2007:
…durante l’era del Gran Maestro Perellos, nei Conti della Ricetta Magistrale dell’Ordine, dal mese di luglio 1698 al mese di ottobre 1702, le note indicano che il cioccolato usato dai Cavalieri era per la maggior parte proveniente da Livorno ed è descritto come cioccolato di Caracas, ovvero Cacao di Caracca
Ed ancora:
Gio. Francesco Buonamico (1639 – 1680) compilò un trattato sulla lavorazione del cioccolato e riportò un certo numero di ricette apprese durante i suoi viaggi in Europa. Buonamico aveva visitato, tra il 1657 e il 1666, la Francia, la Germania, le Fiandre, la Lorena, la Svizzera, la penisola italiana, la Sicilia e alcune isole greche. Il trattato e il ricettario di Buonamico rimangono ancora inediti. Il medico maltese Giuseppe Demarco (1718 – 1793) è autore del trattato più importante pubblicato in questo periodo. Tale saggio intitolato ‘Dissertatio De Cocholata eiusque Usu et Abusu in Medicina’, dimostra la sua partecipazione al dibattito continentale concernente l’uso e l’abuso della bevanda di cioccolato.Nella vasta bibliografia sul cioccolato tra il ‘600 e il ‘700 a predominare sono i trattati di medici, i resoconti dei viaggiatori e le testimonianze dei missionari, interessati alle varie e sorprendenti declinazioni preispaniche della energetica e simbolica bevanda che conquistò il Vecchio mondo, dopo aver superato le barriere del gusto, quelle linguistiche, mediche e religiose.

Tra gli studi scientifici sugli usi medicinali e sul consumo come bevanda ricoprì un ruolo importante il trattato di Colmenero de Ledesma del 1631. L’autore, medico alla Corte di Madrid, fu tra i primi a occuparsi delle virtù terapeutiche del cioccolato che continuano ancora oggi nelle ricerche scientifiche.
Gli Spagnoli però non apprezzavano il sapore della bevanda al cacao così com’era preparata in Messico. Anzi pensarono di ‘ammorbidirla’ sostituendo le spezie forti con aromi più delicati come quelli della vaniglia, del muschio bianco, dell’ambra grigia. Inoltre la addolcirono, aggiungendovi dello zucchero, un prodotto sconosciuto in America ma, a quel tempo, di gran moda in Europa, soprattutto in Spagna e in Sicilia, dove gli Arabi avevano introdotto da qualche secolo la coltivazione della canna da zucchero. Con l’aggiunta dello zucchero la bevanda cambiò profondamente; essa tuttavia conservò l’antico nome maya di ‘chacahoua’, da cui derivarono i vari nomi europei come lo spagnolo e l’inglese ‘chocolate’, il francese ‘chocolat’, l’italiano ‘cioccolata’ (M. Montanari,1995).
A Modica soltanto alla fine del XIX secolo, in concomitanza con la comparsa a livello locale dei primi Caffè, luoghi nuovi di relazioni e di incontri, si estese ad altri ceti sociali il consumo del bruno nettare degli dei. Né fu abbandonato il sistema della lavorazione artigianale settecentesca che conferisce alla nuda barretta di cioccolato, lavorato senza superare la temperatura di fusione dello zucchero, quella friabile granulosità che tuttora lo qualifica e caratterizza.
L’ attribuzione della IGP tutela ed esalta sapori e gusto di incomparabile sensorialità, sostenendo l’unicità del cioccolato di Modica, apportatore di qualità nutraceutiche, assicurate dal Primo Passaporto Digitale emesso dal Poligrafico e Zecca dello Stato e apposto su ciascuna barretta a garanzia di sicurezza alimentare e a tutela di tutte le contraffazioni.
L’ineguagliabile cioccolato di Modica, di inarrivabile sapore per dirla con Leonardo Sciascia, perdura soprattutto come messaggero degli ammalianti connubi tra cibo e cultura, in quanto accertato ispiratore di letteratura, arte e cinema, senza trascurare saggi storici e scientifici.
1 Comment
la capacità di valorizzazione del prodotto da parte del tessuto produttivo/amministrativo della città di Modica è ammirevole da ogni punto odi vista. onore al merito. hanno saputo valorizzare un prodotto abbastanza banale che qualsiasi signora Maria potrebbe fare a casa.
massa di cacao comprata in barili da 50kg dalle major (Nestlé, Ferrero…)
zucchero semolato
Aromi.
nessun componente, quindi, prodotto a Modica.
il tutto amalgamato a 45 gradi e fatto raffreddare in forme.
ottima la ricostruzione della tradizione dal 700 ad oggi. da notare che l’uso del cioccolato come bevanda nello stesso periodo si sviluppò in ogni parte d’Europa per cui non esiste una tradizione univocamente riconducibile a modica.
bravi dal punto di vista imprenditoriali. bravi i produttor e gli amministratori che hanno saputo cogliere il momento giusto e regalare un valido riconoscimento al loro impegno. circostanze favorevoli che superano di gran lunga il valore del prodotto in sé.