ovvero
tira un dado e pesca una carta
di Giulia Cultrera
Prendete Breakfast club – non la parte relativa alla punizione, soltanto l’elemento ‘gruppo di studenti con il proprio bagaglio emotivo’ – e trasponetelo ai giorni nostri in chiave comica, a tratti paradossale.
Collocate i protagonisti in un College non proprio prestigioso in cui le giornate di studio si alternano a improbabili invasioni zombie, partite di paintball all’ultimo sangue, pavimenti di lava e brutte copie di Hunger Games. Il tutto ricorrendo alle più disparate tecniche narrative e cinematografiche: si va dalla clayanimation (plastilina animata) al mockumentary, passando per il cinema gangster e western al musical, horror e poliziesco, fino ad arrivare all’animazione 8-bit.
Sicuramente un ambiente stimolante in cui formarsi. Non a caso, i personaggi cercano costantemente di dare un senso alla loro vita e sperano che siano proprio gli anni universitari a fornire loro tutte le risposte.
La serie gioca con le tecniche cinematografiche legate a regia, ripresa e montaggio; le fa proprie e le ridicolizza, ne svela i meccanismi e porta al limite la finzione cinematografica, amando rompere la quarta parete. Non per nulla, gli episodi più originali, assurdi e creativi sono quelli in cui si sperimentano generi narrativi differenti, entrando nell’inconscio dei personaggi ed esasperando il confine tra finzione e meta-finzione.
Molto stimolante: da alcuni episodi potrebbe essere tratto un film o, addirittura, uno spin-off.
La narrazione ruota attorno al concetto di comunità, specialmente all’interno di un gruppo così eterogeneo e, al tempo stesso, coeso. Affronta i meccanismi relazionali, soffermandosi sui conflitti legati alla differenza di età, carattere, personalità, valori e credo, con risvolti spesso assurdi e improbabili.
Una serie perfetta per chi vive di citazioni e riferimenti cinematografici.
Come se non bastasse, lo sceneggiatore è anche co-autore di quel capolavoro d’animazione che è Rick and Morty. Non serve aggiungere altro.