di Marco Ragusa
Quanto a record negativi il 2020 se ne porta appresso tanti. Non sembrerà vero, ma secondo gli ultimi dati ISTAT, nell’anno della pandemia, si è registrato l’ennesimo minimo storico di nascite addirittura dall’unità d’Italia e un massimo storico di decessi dal secondo Dopoguerra. Alla fine dell’anno scorso, la popolazione residente in Italia risultava inferiore di circa 380mila unità rispetto all’inizio dell’anno, come se fosse sparita una provincia grande come quella di Ragusa e oltre.
La pandemia ha solo reso più evidente il problema e più lampante il rapporto tra dinamica demografica da un lato e struttura economica e sociale dall’altro, con tutte le esternalità trasversali che ne conseguono.
La pandemia avrà inoltre un impatto duraturo sul nostro modo di vivere e lavorare insieme ed è giunta in un momento in cui non solo l’Italia ma anche il continente europeo stava già attraversando un periodo di profondi cambiamenti demografici e sociali. Stanno finendo gli Europei? Forse non è proprio così. Ma l’evoluzione demografica del Vecchio Continente pone delle serissime questioni sulle dinamiche del mondo del lavoro e della socialità, sulla spesa pubblica, sulle sfide del presente e del futuro della digitalizzazione e della transizione verde, sul ruolo dell’Europa nel mondo (si veda Atlas of Demography del 29 aprile 2021).
La demografia è un tema che da un pò ha risvegliato in me un notevole interesse dal tempo degli studi universitari, anche per le sue affascinanti proiezioni globali. L’evoluzione demografica è una chiave di lettura di numerosi fenomeni antropologici che incrociano analisi, prospettive generali e puntuali, vicine e lontane, quotidiane e del futuro, locali e regionali, ma anche nazionali ed internazionali.
Facendo un focus sull’Italia, quello del nostro Paese, tra record negativo di nascite e rapido invecchiamento, è ormai un caso mondiale. La crisi della demografia ci costringe sempre di più a ripensarci e a provare a invertire la rotta. Prima di tutto creando sensibilità e gettando dei semi sul campo, prendendo coscienza e consapevolezza del percorso che stiamo facendo.
Proprio in questa direzione è andata la presentazione del libro “Italiani poca gente. Il Paese ai tempi del malessere demografico”, scritto da Antonio Golini con Marco Valerio Lo Prete e presentato a Chiaramonte Gulfi nel dicembre 2019. “Leggere questo libro è un’operazione salutare per aprire la mente” – così ha scritto Piero Angela firmando la prefazione del testo.
La denatalità si incrocia con la longevità della vita. Si vive sempre più a lungo e questo è naturalmente un bene. Nella vita sociale ci sono tre segmenti principali: studio, lavoro e pensione. Tendenzialmente breve, lungo e breve. Prima questi contributi si bilanciavano bene; oggi la scansione dei passaggi non è più così. Denatalità vuol dire pochi figli che dovranno mantenere sempre più anziani e che a loro volta saranno sempre più costosi. Un figlio per due genitori superstiti; il contrario di prima. Ma che società sarà una società di vecchi e centenari? Oggi sono circa 17mila, nel 2050 saranno 150 mila. Ciò aprirà uno scenario inquietante con sempre meno figli e risorse a potersi occupare dei problemi insiti nel forte invecchiamento.
Un altro tema di interesse è quello del cambiamento dei modelli sociali e culturali. il nuovo corso economico, la ricchezza, il ruolo della donna, l’edonismo, forse il concetto stesso di figlio e la sua concezione psicologica, le politiche pubbliche, le mode. Tutti punti che oggi ci dicono che sia noi che la politica non leggiamo il fatto demografico come un investimento per il futuro e come un fatto non solo privato ma anche di grandissimo impatto pubblico.
Sarà essenziale cercare nuove soluzioni per l’evoluzione demografica e per affrontare i cambiamenti. L’elaborazione delle politiche è complessiva ma dovrà tenere conto anche di specificità locali. Ancora di più oggi, nel post-pandemia, il modo in cui affronteremo la questione demografica impatterà sulle nostre vite, orienterà le nostre scelte e ci fornirà delle indicazioni su come costruire comunità più eque, resilienti e sostenibili.
Marco Ragusa, chiaramontano, laureato alla LUISS Guido Carli di Roma. Ha lavorato nel campo della ricerca con particolare riferimento all’integrazione europea. Oggi si occupa di internazionalizzazione d’impresa e cooperazione allo sviluppo nel sistema Confindustria. E’ autore, tra gli altri, del libro “Da Maastricht a Nizza, Il ruolo dell’Italia nel processo di integrazione europea”, edito dalla LUISS University Press.
1 Comment
Naturalmente il dato sulla denatalità, strettamente legato alla pandemia, sarà da leggersi nel corso di questo anno 2021 e dei prossimi.