di Antonio Incardona
Habemus Papam! Dopo lunghe trattative, l’Ita ha scelto la rotta verso la Germania. La società, nata nell’ottobre 2021 dopo il pensionamento di Alitalia, è entrata, nei giorni scorsi, nella scuderia della Lufthansa con l’accordo tra il nostro ministero dell’Economia e i vertici della compagnia tedesca che, in attesa del trasferimento completo, prevede un primo “step” con una partecipazione del 41% nella società tricolore attraverso un aumento di capitale di 325 milioni di euro.
C’è da augurarsi che quest’intesa, voluta in particolare dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, metta veramente la parola “fine” alla lunghissima “telenovela”. E l’aspetto paradossale di tutta la vicenda è che il calvario di Alitalia è andato avanti così a lungo proprio per evitare il passaggio agli stranieri della nostra compagnia di bandiera.

Chi non ricorda, infatti, tutte le polemiche che scoppiarono all’inizio degli anni Duemila quando il governo Berlusconi si oppose alla cessione della società ad Air France? Allora in tanti dissero “no” alla vendita per difendere a tutti i costi l’italianità della compagnia: al grido di “non passa lo straniero!”, anche molti giornali fecero quadrato per impedirne la cessione ai transalpini.
Quelle barricate si rivelarono, però, un grave errore perché, da allora, l’impresa tricolore cadde in un buco nero e non rialzò la testa neppure quando, paradosso dei paradossi, tutti gli strenui “fans” di un’Alitalia che fosse tale nel nome e nei fatti dovettero abdicare dopo la breve parentesi della cordata guidata da Roberto Colaninno.

Accettammo, così, la vendita agli arabi di Etihad e diventammo una specie di meteora nel deserto. Di male in peggio, dunque, e anche dopo il disimpegno dagli sceicchi la situazione non è certo migliorata, anzi.
Negli ultimi anni, le ipotesi si sono accavallate e, prima del breve decollo di Ita, si era parlato persino di un matrimonio terra-aria, tra Ferrovie e Alitalia, un’ipotesi sostenuta, nel primo governo Conte, dall’allora ministro Luigi Di Maio.
E neppure è servito a molto il valzer delle teste d’uovo che si sono succedute ai vertici della compagnia: tanti nomi illustri che hanno finito per firmare l’ulteriore caduta in picchiata della nostra compagnia anche perché, come se non fosse bastato tutto il resto, c’è stato pure il tornado-Covid che, per mesi e mesi, ha bloccato gli aerei negli hangar.
Con questi precedenti, non c’è, insomma, da stare allegri anche perché già nel 2018 venne rinviato alle calende greche proprio dal ministro Carlo Calenda l’accordo ipotizzato tra un’Alitalia ancora in vita e la stessa Lufthansa. Ci auguriamo tutti che adesso sia davvero la volta buona: senza radar non si può volare.