di Giuseppe Cultrera
Il mulino, con la grande ruota mossa dall’acqua, nel paesaggio bucolico irrompe, dai media, nel nostro immaginario quale richiamo a un mondo idilliaco e genuino da accostare a un fondamentale prodotto alimentare del mondo occidentale, la farina per pane e biscotti.

Quanti mulini ad acqua – reali – esistettero nel territorio chiaramontano, prima che la rivoluzione industriale ampliasse la varietà di forza motrice e modernizzasse il ciclo lavorativo?
Parecchi, a sentire alcune relazioni e censimenti di inizio ottocento.
In uno Stato dei Mulini della provincia di Siracusa e dei tre Distretti nel 1842 ne vengono censiti come attivi sedici, dislocati lungo i corsi d’acqua del Donna Pirruna e Morana (che poi diveniva Para Para) e lungo il corso della sorgente Cifali. Qualche anno dopo nella Tavola dei mulini della Provincia di Siracusa nel 1859 si erano ridotti a dodici.

Più generica è l’indicazione nello Stato dei fiumi esistenti nel territorio della Comune di Chiaramonte del 1851 dove a proposito del Para Para si dice che “lungo il suo corso s’impiega con piccoli argini all’attivazione di diversi molini”.
La loro ubicazione, oggi, è di difficile identificazione. Una “mappa” la devo alla memoria storica del Sig. Raffaele Panasia che, oltre vent’anni fa, per una ricerca me ne indicò quattordici.

Sul lato sud della città, accanto alla sorgente Ferriero era il primo e più antico di questi mulini, che fu dapprima dei Chiaramonte e poi dei Cannizzo e in seguito abbandonato; a beneficio di un altro sorto più in basso, che sfruttava la stessa acqua, detto di Orto Rabito (tracce del quale esistevano fino al declinare del secolo scorso).
Lungo il corso del Donna Pirruna, che aveva origine a est dell’abitato, per poi attraversare nella valle sottostante l’antico abitato di Gulfi, in sequenza troviamo quello del Canalotto quello del Mulinello (due toponimi tautologici), quello di Ugghia e quello di Ficupala.

Il torrente Morana, invece, nell’attraversare lo stradale aveva a destra e a sinistra i noti mulini di Morana soprana e Morana di sotto. A seguire, quasi alla confluenza col Donna Pirruna, quello ‘ro Signuruzzu. Dopo l’unione dei due torrenti, utilizzando la stessa acqua l’un dopo l’altro: i mulini Carrubba, Aranci e, infine, Fosse. Altri due sfruttavano le copiose acque della sorgente Cifali (e il primo di questi è l’unico tuttora funzionante).

Questo mulino ad acqua di Cifali oltre ad essere l’unico attivo ha, meritevolmente, intrapreso un percorso di recupero oltre che della struttura e delle antiche tecniche, anche dei grani autoctoni e storici siciliani. Coniugando cultura, qualità della vita e impresa.
Altri sopravvissuti e recuperati, con accorto restauro, sono inseriti in strutture abitative. È il caso di quello dei coniugi svizzeri Piazzini (Aranci). Anche quelli di Canalotto, Mulinello e Morana riemergono dal passato.
