di Giuseppe Cultrera
Adesso che, da mattina a sera, il caldo ci avvolge nelle sue spire – andando per la campagna o calcando le basole dei nostri borghi – la vista improvvisa di una fonte gorgogliante o di fontanelle pronte a elargire un fiotto di argentea acqua, ci appare quale magico miraggio. Invece, furono presenze essenziali e vitali nel passato, per l’uomo e le bestie da lavoro.
Divengono oggi, sempre più, orpelli inutili nelle città moderne e fragili reperti nelle campagne e periferie. Eppure, nelle pietre corrose dal tempo e ricoperte di umido muschio, si leggono pagine di memorie intrise di lavoro e di vissuto.

Nelle tre comunità montane – Chiaramonte, Giarratana e Monterosso – sopravvivono diversi e singolari esemplari. Gran parte ancora orgogliosamente attivi, persino nelle funzioni più ancestrali quali quelle di abbeveratoi per animali o lavatoi pubblici. E come fornitori d’acqua, specialmente durante la calura estiva.

U rugghiu vecchiu non risuona più delle tante voci femminili delle lavandaie intente a sciacquare la biancheria, né di quelle scherzosamente squillanti delle ragazze che attingono alle fontanelle per portare acqua potabile in casa, mentre massari e contadini abbeveravano le bestie da soma o da allevamento. Anche U rugghiu nuovo che affiancò il vecchio in epoca successiva, a riprova che Giarratana cresceva, non risuona più di voci concitate, mentre l’acqua scivola solitaria dalle quattro cannelle.

O tunnu l’acqua si increspa lievemente riflettendo l’azzurro terso del cielo: le donne di Monterosso non vengono più ad attingere l’acqua fresca o sciacquare i panni contendendo la vasca dell’abbeveratoio ai contadini che a cavalcioni del mulo o dell’asino vanno o tornano dal lavoro; e manco le greggi si spingono fin lì per abbeverarsi. Per le strette vanedde e le altalenanti scalinate si incontrano spesso eleganti fontanelle (la maggior parte ora mute) che ci ricordano che l’acqua corrente in casa è un “agio” recente.

U furrieri un tempo principale approvvigionamento idrico di Chiaramonte, con le sue eleganti fonti, la grande vasca per abbeverare le bestie e i “comodi lavatoi” annessi, sembra destinato a un irreversibile decadimento. Sul versante orientale la sorgente di S. Lucia alimenta a funtana (due cannelle per l’acqua potabile e un ampio abbeveratoio), la quale mostra evidenti i segni di altrettanta precarietà. Nelle campagne, intensamente antropizzate, sono presenti numerose fontane e abbeveratoi pubblici, in gran parte ancora vitali.

Un censimento delle strutture esistenti – siano esse semplici fontanelle, o fontane e abbeveratoi, anche lavatoi pubblici – sarebbe un primo rilevante contributo alla loro tutela e conservazione. Propedeutico a una successiva programmazione di interventi mirati al restauro e ripristino (per quelle non attive) e a una manutenzione continuativa.
D’accordo sono microstrutture, spesso prive di interesse storico o artistico: ma in ogni caso rappresentano tasselli della nostra storia comunitaria, di un approccio “ecologico” a un bene essenziale, qual è l’acqua, presente nel territorio e spesso non adeguatamente valorizzato.
È un appello ai tre sindaci appena eletti: che conosco e so che sono sensibili e attenti a queste tematiche. So bene, per aver lavorato negli enti locali, la gran mole di incombenze e problematiche altrettanto urgenti e prioritarie che si troveranno ad affrontare dal primo giorno. Ma so anche che chi ha scelto di intraprendere questo temerario percorso ha coraggio, entusiasmo e tenacia, per alzare l’asticella di una piccola tacca in più!
Noi ci siamo: a sostegno, collaborazione, incoraggiamento, sollecitazione. Se riusciremo, anche solo in parte, a far rivivere questi reperti, consegneremo al futuro un fascinoso pezzo del passato e forse aiuteremo pure il futuro a essere migliore.
Si ringraziano per la collaborazione: Gianluca Ferraro, Giovanni Noto, Luca Ventura.
Giarratana: foto di Gianluca Ferraro






Monterosso Almo: foto di Gianluca Ferraro





Chiaramonte Gulfi: foto di Luca Ventura





