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di Letizia Dimartino

I monti di fronte casa mia hanno tratti di rimboschimento, la città si espande troppo – il suo profilo è cambiato – alberi cresciuti coprono la vista dei palazzi, si piegano sulla strada, alcune ville distruggono il paesaggio, le vie hanno negozi nuovi e orientali o vani abbandonati, le auto nomi differenti, i palazzi colori sgargianti, la stazione è vuota, il treno passa solo due volte sui binari che vedo dal mio balcone, la vallata è inondata dal verde incolto, i campanili non si stagliano più nel cielo e il suono delle loro campane non si sente.

Ragusa. Stazione di Genisi. (Archivio Piero Murè)

Io non viaggio da trenta anni, da allora non vado in un albergo: il piacere di scorgere una stanza dal letto immacolato, il panorama insperato oltre le vetrate, la colazione col suo profumo, il risveglio fra lenzuola fresche. E il mattino da iniziare in luogo diverso. Tutto è successo, e gli anni sono trascorsi veloci e pure lenti, e io devo aver perso tanto. Tanto. Mentre mi aggiravo in queste stanze credendo di vivere. Inconsapevole, forse. Forse.

Panorama da Ragusa Ibla. (Archivio Piero Murè)

Foto banner e social Giancarlo Tinè

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