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di Vito Castagna 

Se Roma e Milano sono un dedalo di possibilità, la provincia, qualunque essa sia, è tutta un moto apparente. I film girati nella capitale reale e in quella morale della nostra Penisola sono moltissimi e non c’è bisogno di ripercorrerli. Di quelli in provincia mi limito a due esempi, I vitelloni (Fellini, 1953) e Signore & signori (Germi, 1966) che in fondo sono due facce della stessa medaglia, un treno che non va da nessuna parte. Parlare di una piccola comunità di paese è certamente più insolito e insidioso. 

I basilischi
“I vitelloni”, diretto da Federico Fellini, 1953

Lo sapeva bene Lina Wertmüller che nel 1963 girò il suo primo lungometraggio, I basilischi, in un piccolo centro pugliese, senza tempo e senza storia. Antonio (Antonio Petruzzi), Francesco (Stefano Satta Flores) e Sergio (Sergio Ferranino) trascorrono le giornate passeggiando lungo il corso, bivaccando al circolo culturale che di cultura ne fa davvero poca, vivendo slanci da farfalla che muoiono in breve tempo. La scorza della passività si è già ispessita sulla loro giovane pelle e ogni tentativo di squamarsela di dosso appare totalmente inutile. 

Wertmüller gioca quindi sull’immobilità. Al moto apparente della provincia preferisce un vorticoso nulla, denso e palpabile. Detta così I basilischi parrebbe un film noioso ma non lo è affatto. Perché in un contesto simile, una battuta, una passeggiata o un dialogo amoroso, per quanto strambo possa essere, si rivelano delle ventate di novità inaspettate, cariche di significato. Appaiono tutte come svolte possibili nelle vite di Antonio, Francesco e Sergio, ma senza scampo, tutte inghiottite in un processo di autosabotaggio inconsapevole, palesato da una sfacciata indolenza, retaggio di una colpa ereditata di generazione in generazione. 

I basilischi
Sergio Ferranino (sx), Stefano Satta Flores (al centro) e Antonio Petruzzi (dx) durante le riprese de “I basilischi”

Il figlio non può così emanciparsi dal padre e il giovane non può allontanarsi da casa. Nessuno glielo vieta, eppure egli non è in grado di farlo. Perché? Verga e Tomasi di Lampedusa lo avevano già ripetuto più volte. La Wertmüller in questo film ha impartito la loro lezione ai suoi protagonisti. In fondo, si dice che se vuoi bene ai tuoi personaggi devi fargli del male. Qui, il vero dramma è che Antonio, Francesco e Sergio nemmeno si accorgono di essersi fatti male…

In fondo, la loro epopea sta tutta racchiusa nel titolo stesso del film. Cosa sono i basilischi? Sono delle creature mitologiche, dei serpenti o dei galli chimerici, in grado di pietrificare con lo sguardo. Che nel paese in questione siano tutti dei basilischi che si pietrificano a vicenda non c’è alcun dubbio, che lo facciano tra loro Antonio, Francesco e Sergio, coloro che avrebbero la possibilità di sfuggire all’incantamento, è la vera tragedia. 

Lina Wertmüller durante le riprese del film

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