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di Antonio Incardona

Quante volte capita nelle nostre realtà amministrative locali di avere buone idee da realizzare, ma ci si arrende facilmente di fronte all’impossibilità di reperire le risorse necessarie? Eppure le soluzioni potrebbero essere trovate, a certe condizioni. Magari cercando, con un po’ di coraggio, di esplorare strade alternative. Gli esempi virtuosi non mancano, sebbene localizzati quasi esclusivamente nel nord Italia.

Ai nostri (futuri) Amministratori consiglierei in tal senso di valutare la possibile emissione di Buoni Ordinari del Comune (BOC). Il fine sarebbe quello di finanziare le opere strutturali che si ritengono prioritarie. Tanto per legare il mio ragionamento a quello della rubrica dell’Alieno della scorsa settimana, a Chiaramonte una di queste potrebbe essere la rete idrica che arriva a disperdere il 50% circa di acqua lungo le fatiscenti tubature.

I BOC sono nati a seguito della Legge 724/1994 (art. 35 e seguenti), per riconoscere agli enti locali la facoltà di emettere titoli obbligazionari al portatore con l’unico vincolo che ogni emissione deve essere subordinata alla realizzazione di un’opera pubblica ben definita (non può quindi essere impiegata per le spese correnti o per altra opera pubblica).

Il taglio minimo dell’emissione è di 1 milione di euro, mentre le cedole possono essere fisse o variabili. L’imposta sostitutiva applicata sia agli interessi, sia al capital gain è del 12,50%. L’emissione deve avvenire alla pari e il rendimento effettivo lordo al momento dell’emissione può essere superiore al massimo di un punto rispetto a quello lordo dei titoli di Stato emessi nel mese precedente.

La durata dei BOC deve essere compresa tra 5 e 20 anni. Tali strumenti non sono assistiti da nessuna garanzia a carico dello Stato, pertanto la legge stabilisce criteri precisi per il rimborso, come la delegazione di pagamento, che danno la massima garanzia ai risparmiatori.

I BOC possono essere quotati in Borsa: è sufficiente che l’ammontare del prestito superi una determinata soglia minima e che le obbligazioni siano collocate tra almeno 200 sottoscrittori. Condizione imprescindibile è quella di valutare la salute finanziaria dell’ente emittente, nel caso in esame il Comune di Chiaramonte. Per la legge soltanto le realtà amministrative con i bilanci in regola (e quindi credibili) possono infatti optare per una soluzione di questo tipo.

Supponiamo ora di simulare l’uso dei BOC nell’esempio della condotta idrica. Siamo nel 2021 e il Comune di Chiaramonte decide di investire 1,5 milioni nel rifacimento della rete idrica. Invece di procedere all’accensione del solito mutuo, Amministrazione e Consiglio Comunale scelgono di emettere Buoni Ordinari Comunali a 10 anni con rendimento dell’1% (decisamente ottimo per l’ente debitore e favorevole anche per i sottoscrittori se pensiamo che il BTP con scadenza 10 anni rende lo 0,40%). L’emissione potrà coprire in tutto o anche solo in parte l’investimento complessivo previsto.

I cittadini/risparmiatori, chiaramontani e non, potrebbero acquistare i BOC presso i rispettivi istituti finanziari, divenendo in questo modo possessori del debito comunale. L’Amministrazione potrebbe disciplinare con apposito regolamento contabile la compensabilità dei BOC con tasse e imposte che riscuote, tutelandosi in caso di problemi di solvibilità.

Inoltre, se un sottoscrittore, per qualsiasi motivo, volesse disfarsi dei BOC comprati e venderli a un altro soggetto (fisico o giuridico), potrebbe benissimo farlo: i titoli sono scambiabili. Non soltanto. I cittadini potrebbero controllare da vicino la correttezza e la celerità con cui L’Amministrazione impiegherà il denaro da essi stessi prestato.

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