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“Insieme abbiamo fatto una piccola-grande rivoluzione, e anche stavolta non ci hanno visto arrivare”.
Elly Schlein, dopo la vittoria

di L’Alieno

Pochi ci credevano in un partito dall’animo frigido, ammuffito anzitempo e senza più l’ombra di alcuna passione. Occorreva una rivoluzione gentile che potesse maturare fuori dai tetri circoli semivuoti del partito, per pescare in quell’ampia area culturale progressista, senza casa, demotivata e astensionista. Così è stato.

Elly Schlein (foto corriere.it)

Immaginabile adesso l’imbarazzo di molte mummie del partito nel dover accettare una guida femminile e femminista del tipo “sono una donna, amo un’altra donna, non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna”. Se ne dovranno fare presto una ragione oppure emigrare altrove, come il cattolicissimo Beppe Fioroni. Per il resto, la vittoria della Schlein, checché ne dicano i soliti signori del pregiudizio, sempre pronti a sentenziare con l’occhio insolente, risponde ad una precisa istanza di rinnovamento e ad un’altrettanto precisa esigenza di andare ben oltre quel tiepido e insipido moderatismo (o riformismo) all’italiana. Ovvero quell’amorfa politica intesa come precisa volontà di rigetto verso qualsiasi istanza progressista, e persino liberale, per non dispiacere a nessuno.

Giuseppe Fioroni, il primo ad abbandonare il PD dopo la vittoria della Schlein. Per la serie “o vinco io o vado via”. (Foto Ansa/Alessandro Di Marco)

Con la vittoria di Elly è prevalsa un’idea diversa di partito, non inamidata, non governista tout court, non una scadente imitazione della vecchia Democrazia Cristiana, ma l’idea di un partito capace di una viva passione verso quei valori fondanti propri di una moderna socialdemocrazia.

Ma bisogna comunque concedere l’onore delle armi a Stefano Bonaccini, che non è mai stata la figura di un grigio funzionario di partito né un baluardo della conservazione. Le differenze con la Schlein non erano poi così marcate come in molti hanno voluto e vogliono intenderle. E non è un caso che la sua ammissione di sconfitta è stata nello stile signorile di un avversario leale, adesso a disposizione della nuova dirigenza del partito. Non certo pronto ad emigrare altrove, come profetizzato dai vecchi e stanchi arnesi dell’intellettualità di sinistra (a partire da Cacciari) e dalla stampa di destra (peraltro già prodiga di tanti fantasiosi complimenti: “abortista sfrenata”, “ideologa del genderfluid e della cancel culture”, “cyborg del correttismo”, “populista di sinistra” e, ovviamente, “radical chic”).

Stefano Bonaccini, stile signorile e avversario leale (foto Wikipedia)

Un’ultima considerazione nei confronti di quell’area politica che non si riconosce nella destra di governo.
Non starei tranquillo al posto di Giuseppe Conte, che oggi rischia grosso nella concreta possibilità di vedersi sfilare il proprio consenso da sotto il sedere, proprio da quel PD dal quale sperava di ereditarne parte consistente delle spoglie. La Schlein potrebbe fagocitarlo proprio sul terreno dove con grande opportunismo si è depositato al termine delle sue tante ridicole giravolte spaziali.

Aspetterei a gioire anche nei panni del gatto e la volpe (Renzi-Calenda) che oggi gongolano nel sogno fastoso di rappresentare in esclusiva la palude salottiera italiana e il popolo delle ztl. Forse riusciranno ad intercettare pure qualche parlamentare o sindaco del PD impauriti dal redivivo “fantasma comunista”, o qualche catto-bacchettone orripilato dalla prospettiva di un allargamento dei diritti civili. Ma dubito che a tutto ciò corrisponderà un beneficio reale in termini elettorali.

Giuseppe Conte e il duo centrista Calenda-Renzi

Dimenticavo. L’Alieno forse è stato tra i primi in Italia ad auspicare il successo della Schlein già ai primi di ottobre del 2022, dopo la sconfitta alle politiche. Mi perdonerete questo piccolo peccato di orgoglio.

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