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di Giuseppe Cultrera 

Un personaggio mitico siciliano è il pastore Dafni, cantore della natura e cultore della poesia, sposo di una ninfa anch’essa di origini divine, travolto, suo malgrado, da un tragico destino.

Lo storico antico Diodoro Siculo pone la vicenda umana di Dafni tra le rigogliose valli che attorniano i monti Erei e Iblei: perciò alcuni studiosi hanno voluto localizzare il sito tra il monte Lauro, l’Irminio e il territorio chiaramontano, un tempo coperto da folta vegetazione e alberi da frutto spontanei.

Leggendo in chiave storica il mito, Diodoro ritiene Dafni un pastore capo-popolo che istruì la sua gente, traendola dalla barbarie, per insegnare la pastorizia, la coltura della terra, il canto, la musica e la poesia.dafni

La leggenda narra che dall’amore della ninfa Dafnide e del dio Ermete nacque un bel fanciullo che le ninfe di quei monti chiamarono Dafni dal nome dell’alloro (dàphne), che assieme alle querce e agli alberi da frutta selvatica, vegetava rigoglioso nelle valli e sui colli. Il fanciullo cresceva imparando l’arte della pastorizia, il canto e la musica, che traeva da zufoli che egli stesso costruiva dalle canne che crescevano spontanee lungo i corsi dei ruscelli.

La natura sembrava estasiata dal suo canto. Gli uomini, i pastori che abitavano quei luoghi, ben presto lo ebbero a maestro: insegnava loro l’arte della musica, la fabbricazione degli strumenti musicali e la poesia, che i posteri chiamarono bucolica, perché cantava la semplicità e la bellezza della vita campestre.

Un giorno, mentre pascolava il suo gregge e si dilettava a suonare lo zufolo, vide una giovane ninfa. Bellissima. Se ne innamorò perdutamente, coprendola di poesie e di dolci musiche, implorando il suo amore; fin tanto che Echenaide, questo era il nome della ninfa, non acconsentì. A patto che fosse eterno amore e che ella fosse l’unica donna amata. Il giovane pastore lo giurò “sulla vista degli occhi”.dafni

Vissero felici tra i dolci boschi… 

Ma un giorno (c’è sempre un ma nelle storie d’amore bellissime e impossibili) un potente re di un regno vicino, che aveva sentito tanto parlare di questo giovane prodigio, volle conoscerlo e lo invitò alla sua corte.  Zeno era un re amante dell’arte, era anche lui giovane e aveva una giovane e bella moglie, Climène.

Furono entrambi affascinati dalla sua poesia e dai suoi canti. Per la verità Climène fu attratta molto più dalla bellezza fisica e dal fascino del giovane pastore.

Dafni, innamorato della moglie, eluse facilmente le avance della regina, ma cominciò a pentirsi di aver accettato quell’invito a corte lasciando la giovane e bella moglie nelle valli iblee (ma come ben sappiamo, le ninfe che delle sorgenti e valli erano custodi, non le abbandonavano mai, neppure per seguire un giovane e appetibile marito).

Sicché Climène ebbe il bramato Dafni con l’inganno. Un giorno che il re era lontano, ella invitò il pastore a uno splendido convivio. E tra la complicità delle ancelle e il dolce nettare di Sicilia…dafniDafni si svegliò il mattino seguente privo della luce degli occhi: capì con orrore che si era avverato il terribile giuramento d’amore.

Implorò, nei giorni successivi, vagando disperato, il perdono di Echenaide, diletta sposa, protestò la sua ingenua innocenza, urlò l’inganno subdolo della regina. Ma nulla. La vendetta degli dèi (Echenaide era figlia di Era, la sposa di Zeus) era inesorabile e il Fato è cieco, come ben dicevano gli antichi.

Il poeta dell’amore, il cantore della natura, colui che aveva donato le più dolci melodie agli umani, anelò solo a incontrare la morte, l’unica che poteva porre fine al suo dolore.dafni

Vagò senza meta in preda al furore; sfinito: aveva urlato, tra le montagne ammantate di verde i ruscelli e le fontane gorgoglianti, per tutto il giorno, il suo no al beffardo e crudele Fato che aveva reso il più fortunato dei mortali, più infelice dell’ultimo essere animato che abitava i dolci declivi degli Erei e degli Iblei. Dafni, il poeta pastore, che quelle valli e quei colli aveva cantato e i cui abitanti aveva istruito all’arte della musica e della poesia, rendendoli capaci di sfruttare la terra per trarne sostentamento, infine privato della luce degli occhi e di quella dell’anima, scagliò l’estrema insana protesta agli Dei ingiusti, spezzando la propria vita.

Piansero per più giorni gli uomini e gli animali, fremettero gli orti di Pomilia, il boschetto di Poggio degli allori, gorgogliarono un triste pianto le cento sorgenti sui monti soprastanti e nelle cave attorno; i ruscelli rallentarono il corso, scivolando lievi accanto a quel corpo inanimato.

Le immagini sono tratte da dipinti di Tiziano (Wikipedia Arte)

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