di Giuseppe Cultrera
Dove sia adesso ‘il poverello’ di terracotta che nel 1914 il barone Melfi inviò al Pitrè per il suo museo etnoantropologico che andava allestendo a Palermo, non lo sappiamo. Il grande ricercatore ringraziandolo del dono, in una missiva del 18 agosto, assicurava che ‘il pastore che chiede la elemosina fa proprio per me ed avrà subito il suo posto nella grande vetrina delle figurine da presepio’. E nel settore delle figure presepiali, confuso tra tanti reperti giunti da varie città della Sicilia, dovette figurare per più anni.

La citata lettera del Pitrè, che di recente ho rintracciato, dà paternità al manufatto popolare (‘Il poverello sarebbe di Ignazio Ferlito inteso Natichedda‘ postillava a margine della lettera del Pitrè il barone Melfi) e rende nota una bottega di coroplasti attivamente presente nel XIX secolo a Chiaramonte.
Tra costoro c’erano certamente i Puccio, Salvatore e i figli Giuseppe, Bonaventura e Michelangelo, che furono produttori di statuette in terracotta e di allestimenti presepiali: uno è presente al Museo d’arte sacra di Chiaramonte ed autore ne è proprio Giuseppe Puccio, che lo regalò ad inizio novecento all’archeologo Giuseppe Cultrera (1876/1968).
Sono, come la statuetta del Ferlito, in materiale povero e rappresentano gli ultimi di tutte le epoche: quella della nascita di Gesù bambino a Betlemme e quella dei secoli scorsi quando a Chiaramonte o nei vicini paesi degli iblei gli stenti e la fame condivano le giornate di gran parte della popolazione.