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di Giuseppe Cultrera

Ho trattato, alcune settimane fa, delle neviere e del ghiaccio che da queste si estraeva per conservare o raffreddare i cibi. Oggi parlerò del sorbetto e della granita, che utilizzavano il ghiaccio delle nostre antiche neviere.
Quattro componenti sono alla base di questo dolce freddo: la neve, lo zucchero, il limone, il sale. Tutti e quattro, fin dal lontano passato, abbondantemente presenti nell’isola di Sicilia.

neviere
Chiaramonte Gulfi, antica neviera

Si dice che siano stati gli arabi di Sicilia, intorno al X secolo, a scoprire il “segreto” del gelato. Che era celato nell’effetto “endotermico” del sale sul ghiaccio: la combinazione dei due elementi causava un abbassamento ulteriore di temperatura di 5°-6° che consentiva di congelare il liquido che veniva in contatto con i due elementi. Bastava porre al suo interno la preparazione di sciroppo acqua, succo di limone e zucchero, e il prodigio si realizzava. In che modo, lo vediamo subito.

Intanto va detto che già in tempi più antichi – a partire dagli Assiro-Babilonesi, passando per gli Egizi, poi i greci e i Romani – la neve era stata utilizzata direttamente per raffreddare cibi e bevande: ma nessuno era riuscito a realizzare quel dolce freddo, che oggi tutti conosciamo come gelato, sorbetto, granita, semifreddo, ecc.carretto gelati e sorbetto

Ma veniamo alla realizzazione tecnica che, dagli arabi (o chi per loro) e fino all’avvento dei frigoriferi, è stata sempre la stessa, per oltre mille anni!
Il succo di limone (ma in seguito si aggiunse il latte di mandorla o l’estratto di tanti dolci frutti di Sicilia) con la giusta quantità di zucchero di canna e allungato con acqua, veniva posto in un recipiente metallico di forma cilindrica di non più di 5/6 litri, chiuso da un coperchio a tenuta stagna sormontato da un maniglione. Il cilindro andava a sua volta introdotto al centro di un grosso mastello, per lo più di legno, largo una ventina di centimetri in più del cilindro e alto fino alla base del maniglione. Completava l’attrezzatura un lungo cucchiaio in rame che dal lato opposto terminava appiattito a forma di raschino.

attrezzi sorbetto
Gli strumenti della gelateria delle origini. Da sinistra verso destra: pozzetto, sorbettiera, pozzetto per gelatiere ambulante, stufa

Ed ecco venire il turno del ghiaccio estratto dalle neviere: spezzettato in frammenti di 30-40 grammi, veniva steso sul fondo del mastello per uno spessore di circa 10 cm, e quindi irrorato abbondantemente di sale. Vi si poneva sopra il cilindro (detto anche pozzetto), e nelle intercapedini tra questo e il mastello si aggiungeva altro ghiaccio spezzettato, ovviamente assieme ad altro sale.

Adesso veniva la fase di congelamento del liquido: facendo ruotare su sé stesso il pozzetto, utilizzando il maniglione. A tratti ci si fermava, si apriva il coperchio e con l’estremità del cucchiaio, dal lato del raschino, si staccava lo strato di miscela che si congelava sulle pareti, mescolandola alla massa liquida che così accelerava ancor più il processo di raffreddamento.

Si richiudeva e si ricominciava la rotazione. Così per varie volte fino al completo congelamento della massa liquorosa. Dopo circa mezz’ora era pronto un pastoso sorbetto, una densa granita o un soffice gelato. È chiaro che i tre tipi di dolce freddo erano frutto di una leggera variante nella lavorazione, negli ingredienti, nel tempo impiegato.

preparazione sorbetto
Luigi Romana, studioso del settore, alle prese con la preparazione della granita secondo gli antichi sistemi

Con altri, ma lievi, accorgimenti tecnici e arguzie di “maestri”, per oltre mille anni si realizzò in Sicilia il gelato. E anche altrove. Dal XVI secolo da Firenze, per la genialità del Buontalenti, da Napoli, per opera dei cuochi di corte, si diffuse in Europa. Ma è Procopio Coltelli, palermitano, o catanese secondo altri, che nella seconda metà del seicento porta il sorbetto siciliano a Parigi, rendendo il Cafè Le Procope un ritrovo famoso.

Cento anni dopo molti intellettuali francesi, illuministi e liberali, lo scelsero come ritrovo abituale: Rousseau, Diderot, D’Alembert e Voltaire, elaborarono i principi della cultura moderna, probabilmente, davanti a un fresco sorbetto del Cafè Le Procope.
E se volete andarci, esiste ancora oggi a Parigi, anche se adesso è un rinomato ristorante.cafè le procope

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