di L’Alieno
“Il sorpasso” di Dino Risi compie 60 anni. Un film meraviglioso, profetico, che si consuma nello spazio temporale di un ferragosto: quello del 1962. Una sorta di road movie ante litteram. Laddove le scene più iconiche sono quelle delle scorrazzate di Bruno Cortona (Vittorio Gassman) tra le deserte strade romane al volante della mitica Lancia Aurelia B24 aperta (protagonista anch’essa), accompagnato dal giovane studente Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant).
Un affresco impietoso sui vizi della società del miracolo economico, attratta dalla facile ricchezza, e che in nuce già contiene tutti i limiti che saranno propri dell’Italietta di sessant’anni dopo. Si iniziò così a disprezzare il lavoro.

Non fatico affatto ad immaginarmi oggi un Matteo Salvini, che vive d’espedienti politici (come d’espedienti viveva Bruno), alla guida della splendida Lancia Aurelia, metafora del belpaese. Che si diverte a gigioneggiare metaforicamente senza meta e contromano per le strade di Roma, facendo ora le corna ai tedeschi, ora inseguendo le chimere delle turiste nel film (sarebbero le sirene russe nella realtà odierna), ora a spernacchiare il buon senso che sa di noia borghese: la foto di Brigitte Bardot sul cruscotto dell’Aurelia con la scritta “Sii prudente a casa ti aspetto io”.
Il povero Roberto, lo studente che viene convinto da Bruno a lasciare i libri (e il senso di responsabilità) a casa, potrebbe essere la metafora dell’italiano medio che a piccoli passi si converte alla filosofia dell’affascinante Bruno, l’eterno bambino che non ha costruito niente e alla filosofia strafottente dell’industriale di una certa età (Berlusconi), privo di scrupoli etici, che compra l’amore di una ragazzina.
La Meloni, nel film, potrebbe forse impersonare il cugino reazionario Alfredo (non c’è una figura femminile adatta a lei), legato alla proprietà della terra, all’identità contadina. L’Italia anacronistica della fiamma tricolore, del “Dio, Patria e famiglia”, opposta a quella “futurista-caciarona” di Salvini, ma comunque sua alleata nel nome del comune odio per l’Italia piccolo-borghese del PD.
“Sembra quasi che ci si possa soltanto divertire… La corsa sfrenata prosegue, tra derapate e accelerazioni fino ai 160 orari finché, nell’impossibile sorpasso… si profila la tragedia“. Scrive Mirco Dondi su “Il Fatto Quotidiano”.
La tragedia di un intero paese, aggiungerei io.