di Giuseppe Cultrera
Nell’estate del ’61 il regista Pietro Germi gira nell’area iblea il film Divorzio all’italiana, con protagonisti Marcello Mastroianni e Stefania Sandrelli. Alcune comparse vengono scelte in loco. Al giovane Gianni Pluchino, giornalista e poi funzionario della Provincia Regionale di Ragusa, tocca il ruolo del giovane marinaio che, nella scena finale, accompagna in barca i due neo sposi.
Come e perché avvenne, in quella fine estate del ’61, è lui stesso a raccontarlo.

Pietro Germi giunse a Ragusa grazie a Enzo Battaglia che era il suo aiuto regia. Fu lui a fargli conoscere Ibla. Germi ne rimase affascinato tanto da trasformarla in set del film.
Ero già giornalista de ‘La Sicilia’ e incontravo la troupe al Jolly Hotel dove alloggiavano. Una sera in cui ero a cena con Pietro Germi, il regista mi disse che cercava per il film un giovane aitante, abbronzato e sportivo. Io che allora giocavo a pallacanestro, gli mandai tutti i miei compagni di squadra della Virtus Ragusa. Qualche sera dopo, sempre a cena, chiesi a Germi: “Come è andata?”. Mi guardò sornione: “Ma lei è libero Venerdì prossimo”. “Sì, perché?”. “Deve venire con noi a Taormina”.

Non avevo capito nulla. Fu Odoardo Spadaro a spiegarmi che dovevo ‘fare la manina’ con la protagonista in una scena del film. Così mi portarono alla Rinascente di Catania e mi comprarono un paio di pantaloncini e una maglia a strisce.
L’indomani partimmo per Taormina e iniziarono le riprese. Lunghe e snervanti. Tu pensa che quella scena di circa un minuto, fu girata ripetutamente per ben cinque ore sotto il sole cocente. Tra l’altro, Germi aveva cambiato idea e adesso dovevo fare ‘il piedino’. E non era mai soddisfatto e ripeteva ad ogni ciak ‘morbidezza, morbidezza!’ mentre il sole picchiava e la stanchezza mi assaliva (ma Marcello Mastroianni se ne stava in coperta e compariva solo all’ultimo momento).

Finalmente terminammo e, mentre ritornavamo in albergo a Taormina, una signora – credendomi un divo del cinema – mi elargì un festoso ‘ciao bello’; ma io ero tanto distrutto dalle cinque ore di ripresa e stressato che, voltatomi, la apostrofai con un ‘ma va a quel paese!’.
Quando il film uscì a Ragusa andai a vederlo con gli amici. Però non sapevo dove fosse inserita la scena: così, mentre scorreva il film, mi sorgeva il sospetto che fosse stata tagliata. Potevo mai pensare che fosse la scena finale!
Si schiarisce la voce: «Bei tempi. Sessant’anni esatti fa.»
“Inutile dire che per questa scena il buon Gianni fu a lungo invidiato da un’intera generazione di ragusani” chiosava argutamente, nel suo volume Cara Ragusa…, l’indimenticato Mimì Arezzo.

4 Comments
Tra le comparse vi era anche un giovane Matteo Jannizzotto
Il futuro professore universitario di filosofia?
Interessante veramente.
Matteo Jannizzotto, il mio insegnante di Filosofia al liceo, e di Storia della filosofia medievale all’università. Grande prof !