di Letizia Dimartino
Nella mia città in estate piove ogni pomeriggio, proprio quando ci mettiamo a letto e cerchiamo il sonno pesante di queste ore. Piove come se fossimo in montagna.
Una pioggia diritta, forte, rumorosa nel cielo di un grigio semiluminoso. Fu sempre così, anche quando ero bambina, e finiva la festa del Patrono, e la cera della processione sulle strade in discesa si scioglieva, e le bancarelle tradizionali venivano coperte in gran fretta, e le zingare, che un tempo si accampavano sulla via Leonardo Da Vinci, scappavano coi loro figli in braccio e noi ne avevamo paura, le loro vesti fiorate e gli orecchini in cerchi e i biglietti della fortuna con la gabbietta degli uccellini. Il nostro futuro, il loro ghigno, le gonne ampie e ricce. E poi spunta sempre un sole pallido e gli Iblei si stemperano in un celeste netto. I tuoni su Giarratana e Monterosso e Chiaramonte, le strade che emanano un caldo umido che infastidisce, e scuote il cuore e pure la mente. È così che l’estate finisce in questi luoghi, e i carrubi diventano lucidi. Ma io ho un’altra vita, lo so.
Foto archivio Giorgio Colosi