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di Vito Castagna

Una ragazza nel pieno dell’adolescenza che vuole diventare donna. La Torino sabauda e fascista. L’incontro inaspettato con una giovane modella. Pittori bohémienne che popolano soffitte. La sifilide. L’iniziazione alla sessualità. L’amore non convenzionale. Questi elementi popolano il romanzo di Cesare Pavese, La bella estate. Ed effettivamente c’è un po’ di tutto questo nel film omonimo di Laura Lucchetti. Ci sono Ginia la sarta e Amelia la modella, ci sono i pittori Guido e Rodriguez, c’è la giovinezza inconsapevole e inquieta. Eppure, una volta giunti ai titoli di coda qualcosa sembra mancare.

la bella estate
Yile Yara Vianello e Nicolas Maupas

Forse, tutto si può sintetizzare con una parola: coraggio. Quello di osare di più con la macchina da presa, con i dialoghi e con la scelta degli attori. Perché i dialoghi non rendono la scrittura di Pavese. Perché la scelta di Deva Cassel nei panni di Amelia non si è rivelata vincente. Troppo forzata nella recitazione, tanto che il suo personaggio – centrale nel romanzo – viene messo in ombra da Ginia, interpretata da Yile Yara Vianello, che ha esperienza nel cinema dai tempi di Corpo Celeste (2011).

Una bocciatura risulterebbe però eccessiva. La Torino pre-bellica in cui Ginia vive la sua iniziazione sentimentale e sessuale, le soffitte cittadine, povere e colme di quadri, i casolari in collina, luoghi di feste e balli, sono tra gli elementi più riusciti de La bella estate. Degna di nota anche la fotografia. Dal punto di vista dei personaggi quello di Ginia risulta il meglio caratterizzato. Non stupisce, dato che parliamo di una delle protagoniste del romanzo, ma il lavoro fatto da Laura Lucchetti qui è più evidente.

la bella estate
Yile Yara Vianello e Deva Cassel

La giovane incontra la sua inquietudine alla vista d’Amelia, rifugge dalle certezze che la vita fino a quel momento le ha riservato, perde la via cercandone una nuova. Sbanda tra i circoli artistici di Torino. Vuole essere ritratta nuda così come la sua amica modella. Trova un amore effimero e le invidie di Amelia. Solo dopo molto tempo capisce di amarla, lei simbolo della sua emancipazione dalla fanciullezza.

Quello di Ginia è un personaggio riuscito in mezzo a tanti personaggi che giocano il ruolo di comprimari. Amelia per prima. Si può discutere su questa scelta artistica, ma il risultato c’è e il film può dirsi riuscito. Un buon lavoro scolastico, senza sbavature, attento quanto basta e purtroppo privo di originalità o, come già detto, di coraggio. Sarebbe stato utile attingere da Pavese, nella sua “bella estate” di coraggio ed estro ce n’è a bizzeffe.

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