di Giuseppe Schembari
Nei primi anni ‘70 la più pericolosa avversaria della Lancia Fulvia HF 1.6, nei rally, era una celebre berlinetta francese, agile e leggera, costruita dalla Alpine-Renault, ma dallo stile italiano. Infatti fu Giovanni Michelotti il designer della bella A110, presentata nel 1962. Sostituiva la A108 con la quale condivideva parzialmente la linea (distinguendosi nel disegno della coda e del padiglione), il telaio a trave centrale in acciaio, la carrozzeria in vetroresina e il motore montato posteriormente a sbalzo.

La meccanica, però, era completamente nuova: presentava un nuovo motore a quattro cilindri da 956 cm3 proveniente dalla nuova Renault 8 e in grado di erogare 50 CV. Non molti a dire il vero, ma il peso piuma di 625 kg permetteva alla nuova berlinetta sportiva di sfiorare i 160 km/h.

Nata per correre, la sportiva d’oltralpe si presentava con un aspetto aggressivo, compatto e filante. E proprio per questo concedeva molto poco alla comodità dentro lo stretto e spartano abitacolo. Veniva prodotta a Dieppe, negli stabilimenti della Alpine del nord della Francia, e a svilupparla, in un arco temporale che va dal 1962 al 1977, fu Jean Rédélé, ex pilota e patron della stesso marchio automobilistico. Il nuovo modello, come il precedente, veniva offerto nella versione berlinetta “Tour de France” e convertibile. Mentre la costruzione della coupè 2+2 GTS fu affidata alla carrozzeria Chappe e Gessalin.

Nel 1964 venne adottato il motore della R8 Major di 1100 cm3 in grado di erogare dai 58 CV, nella configurazione base, agli 86 CV dell’elaborazione Gordini. E da qui in poi comincia una girandola di motorizzazioni, in buona parte dovuti alle varie elaborazioni, quasi impossibili da catalogare con ordine. Gordini e Mignotet, in tal senso, furono tra i più attivi e conosciuti preparatori.

Facciamo però un passo indietro, al telaio, la cui architettura era comune al modello precedente, ma rinforzato. Presentava una sezione circolare saldata alle estremità a due sottotelai in tubi rettangolari, irrobustiti da fogli di lamiera forata nei punti più delicati sottoposti a dure sollecitazioni. A questi sottotelai venivano fissati sia il motore, che le modernissime sospensioni indipendenti a trapezi e puntoni obliqui posteriori con due ammortizzatori per ruota. Mentre la carrozzeria, in vetroresina, venne rivettata al telaio con una tecnologia mutuata dall’industria aeronautica. La trazione posteriore, il cambio a cinque rapporti e i freni a disco sulle quattro ruote, completavano la configurazione del modello.

Nel 1965 venne prodotta la nuova Renault 16 con un motore da 1470 CC che Rédélé si accaparrò subito per costruire 42 esemplari della A110 da 90 CV. Nel 1967 è la volta del motore di 1.255 CC della R8 Gordini dotato di 95 CV, a cui farà seguito, nel 1970, la versione “addomesticata” (denominata V85) di 1289 CC e 81 CV mutuato dalla Renault 12. Sarà questa la versione più prodotta con 2.890 esemplari che approderà alla fine della produzione nel 1300 tipo VC del 1976. Le berlinette uscite dalla fabbrica francese, dal 1963 al 1967, furono complessivamente 7.160.

Per le prime esperienze nelle corse vennero impiegati motori con potenze comprese tra i 72 e i 110 CV in base alla varie categorie agonistiche. Nel 1968 nasce la squadra corse Alpine-Renault Elf e ciò consentì alla vetturetta francese di primiggiare nei rally nazionali.
Ma fu nel 1969 che avvenne il salto di qualità decisivo grazie all’adozione di un nuovo propulsore con blocco in alluminio (già impiegato sulla Renault 16 TS) e la cilindrata maggiorata di 1.565 CC in grado di erogare, all’inizio, 95 CV, che poi diventarono, nelle successive elaborazioni, 125 CV a 6.000 giri/min. L’alimentazione era assicurata da due carburatori Venturi-Weber 45.

Il favorevolissimo rapporto peso (680 Kg)/potenza della nuova A110 ne fece una “scheggia” in grado di raggiungere una velocità elevatissima per l’epoca, ben sopra i 200 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 in soli 7,5 secondi. Intanto la variante 2+2 basata sulla meccanica della nuova A110 venne indicata come “A110 GT4”.

L’esportazione in tutta Europa inizia nel 1971 ed in Italia verranno offerti due modelli: La 1600S da 125 CV e la 1300G da 95 CV. I prezzi? Molto elevati. Si andava tra i 3,5/4 milioni di lire. Poco meno di una Porsche 911T. Le vendite comunque andarono bene, soprattutto per il modello di punta. Ciò indurrà la stessa Renault Italia a togliere dal listino la 1,3, già durante l’anno 1972.
Nel 1973 la 1,6 riceve una leggera modifica del motore che raggiungerà i 1605 CC per due nuove versioni: La SC a carburatori e la SI a iniezione elettronica Bosh che rimarranno equivalenti nella potenza.

Tra le ultime versioni della A110, ma non importata in Italia, la 1600SX del 1976. Dotata di un nuovo propulsore da 1647 CC depotenziato a 95 CV e alimentato da un solo carburatore.

In poco tempo la Alpine A110 divenne la regina delle competizioni rally nazionali, nelle quali fece man bassa di vittorie e portò al successo diversi giovani piloti francesi. Il Gruppo 4 permise di apportare diverse modifiche, come i cambi speciali con ingranaggi conici a richiesta, con o senza differenziale autobloccante, telaio e triangoli rinforzati, serbatoio centrale, lunotto in plexiglas e paraurti aerodinamico in poliestere.

La berlinetta francese raggiunse la massima notorietà nei primi anni ‘70 affermandosi nel Campionato Rally Internazionale Costruttori del 1971. Mentre la rivale italiana, la Lancia Fulvia HF 1.6, vinse quello del 1972. Per poi vincere anche il neonato Campionato Mondiale di Rally del 1973, dominato dall’inizio alla fine con un motore da 1,8 litri (destinato solo alle competizioni). Intanto la Renault aveva acquisito la maggioranza delle azioni della Alpine.

All’alba del 1974, però, la stella dell’A110 1600S era destinata rapidamente ad ecclissarsi per l’arrivo di un nuovo bolide italiano destinato a dominare il Mondiale rally negli anni a seguire: la rivoluzionaria Lancia Stratos, spinta dai 260 CV del V6 Dino Ferrari montato in posizione centrale. A nulla valse l’adozione dell’iniezione al posto dei carburatori, che non portò ad alcun incremento delle prestazioni. E nemmeno servì montare una testata a 16 valvole, che si rivelò del tutto inaffidabile.

La A110 fu anche un esempio riuscito di World car. Un numero imprecisato di vetture fu prodotto su licenza in Messico con il marchio Dinalpin (196/72), in Brasile con il marchio Interlagos (1965/66), in Spagna con il marchio Fasa (1967/78) e in Bulgaria con il marchio Bulgaralpine (1968/70). Uscì definitivamente di produzione nel 1977.
