di Vito Castagna
Beirut, 4 agosto, ore 18. Omar attraversava le strade della capitale. Quel pomeriggio era andato in biblioteca, aveva letto Morte a Venezia, un libro che non riusciva a comprendere ma che lo attirava.
Si diresse con passo svelto verso casa sua, aldilà del porto, tenendo sotto braccio il libro di Mann. Toccava l’opera con reverenza, non tanto perché appartenesse alla biblioteca, ma perché solo la cultura gli avrebbe permesso, molto romanticamente, di dare una nuova impronta al Mondo.
Si fermò alla libreria di Afeef, un vecchio sdentato che lo conosceva bene. Nonostante sbiascicasse le parole, il vecchio libraio era dotato di buona parlantina e avrebbe potuto intrattenere il suo interlocutore per ore.
«Morte a Venezia… Ti piace?». Disse lentamente Afeef.
«Sì, ma non sempre riesco a capirlo, è difficile e bello. Difficilmente bello!». Rispose sorridendo Omar al quale piaceva giocare con le parole.
«Hai ragione. Forse sei ancora troppo giovane. Devi sapere che Ma…». Un forte boato stroncò le parole del vecchio.


Un’onda d’aria li investì frantumando la vetrina. Gli scaffali caddero e con essi i tomi che piombarono sulla testa del ragazzo che non mollava la presa del suo libro. L’intero palazzo sembrava frantumarsi dalle fondamenta e i calcinacci cominciarono a piovere sui libri, imbiancandoli.
Nonostante fosse stordito, Omar aiutò il vecchio ad uscire dall’edificio e ai suoi occhi si stagliò un turbinio di persone vocianti e piangenti. L’aria era calda come fuoco e il suo odore bruciava le narici. Capì che era successo qualcosa di grave, ma non riusciva a spiegarselo. Il ronzio gli corrodeva i timpani.
Si immerse tra la folla, attirato dal pericolo e vide attorno a sé il disastro compiuto. Le urla di dolore si mescolavano al crepitio delle fiamme, all’eco delle ambulanze. I muri sbrecciati erano ricoperti di rottami e di sangue. In un vortice di autodistruzione si diresse verso casa, mentre uomini sporchi e feriti tentavano di sottrarre dalle macerie i propri cari. Si spinse in avanti col cuore in gola, come un Aschenbach tra i vicoli di una Venezia attanagliata dalla pestilenza, si perse tra le vie alla ricerca del suo Tadzio, forse, o della comprensione della “casualità del male”. Aveva ancora il libro in mano, il suo futuro.
2 Comments
Mi complimento con l’autore di questo pezzo di rara bellezza. Tanto poetico da far desiderare che ci sia un seguito… che la storia continui… Non capita spesso che ciò avvenga su di un blog!
La ringrazio davvero tanto per i suoi complimenti. Sono felice che il mio messaggio sia riuscito a raggiungere il suo scopo, quello di creare empatia anche con la tragedia altrui, di rompere la scorza spessa dell’indifferenza che tanto ci pervade. Grazie ancora!