Con l’articolo del giornalista-scrittore Michele Focarete il nostro blog tenta di fare un ulteriore salto di qualità: aprire una finestra sui mondi apparentemente lontani delle grandi città. Situazioni e disagi che spesso ci sembrano remoti dalla nostra periferica provincia, ma remoti non sono. Forse più visibili, più eclatanti, ma quei disagi sono anche nostri. Molto più di quello che si possa pensare.
di Michele Focarete
Milano – Lo mormora allargando le braccia Alina, che dice con accento vagamente dell’est di avere 54 anni. Si muove qua e là per Milano, con lunghe soste attorno alla stazione Centrale. Prima della pandemia era tornata al suo Paese, a Covasna, in Transilvania, per assistere la mamma malata. Al suo ritorno, l’amara sorpresa: aveva perso il lavoro da badante. Così è finita a dormire nel mezzanino della stazione Centrale, che di notte si trasforma in una sorta di accampamento.
Proprio ieri a causa del freddo, un altro clochard è morto. Non ha mai voluto accettare il ricovero del Comune perché diceva che gli rubavano i soldini. Così ha preferito morire in strada, in via Fratelli Zoia, riverso sul selciato innevato. Qualcuno lo ha soccorso. Hanno chiamato l’ambulanza, ma quando è arrivato in ospedale era troppo tardi. Di lui si sa il soprannome, Sily, e che aveva 76 anni. Un triste episodio sottolineato da Riccardo De Corato, assessore regionale alla sicurezza. ‘Questo triste evento fa capire come sia urgente continuare a sostenere chi ha bisogno di aiuto soprattutto in un periodo così complicato. Un piano che prevede oltre 2.500 posti da allestire in caso di necessita, ma è indispensabile pensare anche alla sicurezza degli ospiti. Spesso in queste strutture vengono derubati o aggrediti’.
Vicino ad Alina c’è Giuseppe, dall’età indefinita, ma anche lui dopo 40 anni passati a guidare camion e fare lavoretti per gli altri, è lì, su un muretto poco distante, con il suo carico di cianfrusaglie e di bicchieri vuoti. Mentre Renato e un amico, un uomo dai grandi occhi scuri e la barba lunga e canuta, sono invece seduti dall’altro lato della stazione per riscaldarsi a suon di vodka.
C’è anche Raul, un peruviano di 55 anni, da sempre in Italia senza documenti. Addosso ha un jeans scolorito dall’usura, una felpa sdrucita e scarpe pulite. Accanto a lui ci sono una bottiglia di aranciata e un bicchiere vuoto per le monetine. È seduto in via Pisani, davanti alla filiale di una banca, in una delle zone più note della Milano della finanza e del lavoro. Una sorta di contraddizione per compensare tanta opulenza.
Maria, Giuseppe, Renato, Raul e un intero esercito come loro vaga nel resto della città. Dove il rischio contagio è ancora alto e la morte in agguato. Ma per chi un tetto sopra la testa non ce l’ha, se ne sta fuori, in strada. Costretti a rifugiarsi in un angolo buio di una stazione deserta, con i decreti sicurezza che per alcuni di loro non hanno alcun senso. Così, i clochard si affidano alla sorte e alle cure dei volontari non solo della Croce Rossa, dei City Angels e di altre associazioni per scongiurare l’incedere del virus. Ma non è abbastanza. Lo scorso novembre un senzatetto era risultato positivo al tampone, ma non è stato facile risalire alle persone con cui aveva avuto contatti.
In Italia ci sono circa 50 mila senza tetto di cui oltre 3 mila presenti nel capoluogo lombardo. Il Comune insieme con alcune associazioni ha istituito circa 2700 posti letto. Ma non bastano. Più di 300 clochard sono a spasso e molti di quelli che dovrebbero stare nei centri, vagano ugualmente per la città anche per loro scelta. Soprattutto dopo la fine dell’ultimo lockdown.
L’epidemia però di questi tempi potrebbe spazzare via gli sforzi fatti finora, perché esiste l’obbligo del distanziamento sociale e l’invito a tenere la mascherina e in certi casi anche i guanti. Qualcuno prova a lanciare un timido appello sui social: “Non lasciamoli soli, noi che siamo al sicuro nonostante l’incertezza dell’emergenza”. Ma è un grido d’aiuto che sembra destinato a cadere nel vuoto, schiacciato dal boato di un maledetto virus che sconvolge e al tempo stesso silenzia.
E ai senza tetto si aggiungono le migliaia di persone che hanno richiesto aiuto per problemi abitativi, tra migranti e non. Gente che vive in stabili occupati e nei campi rom. E altri 400 invisibili che sfuggono al sistema.
Michele Focarete, milanese, 69 anni, giornalista dal 1980 e scrittore. Cronista al Corriere della Sera si è spesso occupato di problemi legati all’infanzia maltrattata e alla tratta degli esseri umani. Secondo classificato nel 2009 al premio Vergani e primo l’anno seguente come “miglior cronista lombardo per il reportage in Romania sulla tratta dei bambini rubati negli orfanotrofi e gettati sui marciapiedi a prostituirsi”. Si è occupato per lungo tempo anche della vita notturna milanese e dei suoi continui cambiamenti: quello che gli americani chiamerebbero “nighter”. Ha scritto tre libri: “Milano ad ogni ora”, edizioni Biblioteca dell’Immagine, “Il mio nome è Lara”, Aliberti editore e “Milano by night – quando lo spogliarello era un’arte”, Book Time editore. Dal 2013 AL 2017 ha ricoperto l’incarico di consigliere e vicepresidente della commissione cultura dell’Ordine nazionale dei giornalisti.
27 Comments
Articolo scritto in maniera chiara e precisa ,ci fossero più giornalisti con questa penna ci sarebbero meno articoli e frustapenne pietosi!
Articolo incisivo che ci deve far riflettere sulla qualità della vita di tanti esseri umani che già in disagio prima ora si devono preoccupare di un altro grande problema: il Covid.
C’e chi si lamenta di non poter andare a sciare o chi si lamenta di dover rimanere chiuso in casa… altri (purtroppo) hanno problemi ben maggiori, questo articolo ci apre gli occhi.
Complimenti Michele, ci piace molto il tuo stile.
Asciutto, diretto, essenziale. Periodi brevi, termini che colpiscono il segno.
Sui contenuti, c’è poco da commentare.
Chi vuole fà.
Roberto e Graziella
Conosco Michele da qualche anno; non demorde: sempre alla ricerca di nuove storie, trovate, pensate e scritte per lasciare un segno e invitare alla riflessione. Nella vita è una persona allegra e ama i cani; nella pagina scritta cambia abito e tira pietre. Ma con garbo.
Paolo E. Colombani Rossi
Con la sua abilità di grande giornalista e riuscito a rendere un argomento Delicato e sensibile, attuale
Coinvolgendo i lettori e le autorità politiche a un problema rilevante
Conosco profondamente il mondo del disagio avendo fatto volontariato per una vita…Michele Focarete ha descritto senza parole lacrimevoli, in modo asciutto e preciso una realtà che in silenzio e senza lacrime respira intorno a noi. Una umanità che spesso si addormenta sotto casa rannicchiata negli angoli bui della nostra indifferenza. Abbiamo trasformato il pianeta in una discarica, e in una sempre più ampia corte dei miracoli. ….. Complimenti a Focarete, un ottimo articolo…e un giornalista di serie A!!
Quest’articolo e scritto molto bene e descrive con empatia le condizioni dei meno fortunati. Ci fossero più articoli così, grazie!
Ottimo reportage di un problema drammatico! Complimenti
Grande Foca! Come ai vecchi tempi del Corrierone. Sempre sulla notizia, con passione e professionalità. Adesso lo faccio girare per i comuni mortali e per quelli che dicono di essere giornalisti,ma sono solo pennivendoli.
Siamo tutti con Alina,Maria, Giuseppe, Renato, Raul…questa notte il mio brindisi sarà per loro. Grazie a Michele Focarete per il suo regalo. W i blog come questo!
Bellissimo articolo degno di una penna raffinata come Michele Focarete
Che tristezza! Leggere di gente che vive in questo modo, mi ha fatto venire un nodo in gola. Dobbiamo rivedere la nostra vita è certi valori da tempo abbandonati. Un grande articolo!
Un bell’ articolo … riesce a descrivere lo spaccato sociale dei più bisognosi con sensibilità, con un occhio che osserva con attenzione ed empatia e vuole trasmettere a chi non ha visto o non vuole vedere.
Michele sei un grande. Questo non è un articolo ma un quadro,una fotografia della realtà non importa guardare, ma soltanto leggere che sai esattamente cosa vedi .👍
Bel pezzo, di quelli di una volta, scritti battendo i marciapiedi e non scopiazzando dal web
Spesso di corsa, dimenticandoci, a volte, anche il perché, inseguiamo ansiosi gli eventi.
Proviamo invece a pensare
a chi, come ci suggerisce questo bell’articolo, ha problemi tutto il giorno, tutti i giorni… fare un gesto di bene, qualunque sia, può donare calore a tanti cuori, anche al nostro.
Questo articolo mi ha fatto riflettere non poco sulle condizioni di vita di chi una casa non ce l’ha e convive ogni giorno con freddo, fame e malattie..
Sicuramente un problema grosso delle nostre città ed anche in crescita, tra l’ indifferenza e a volte il fastidio dei cittadini ed esercenti dei vari quartieri di Milano dove il fenomeno è più presente.
Hai fatto bene Michele a ricordare le responsabilità che ciascuno di noi ha . Alina e gli altri come lei non sono invisibili , si vedono eccome. A tanti fa comodo considerarli inesistenti, che tutto continui nel disinteresse generale e nella “certezza “ che “a me non succederà mai” oppure “tornate a casa vostra” . Ognuno può fare qualcosa di positivo non dimentichiamolo.
Che dire? Hai centrato il problema descrivendolo con la tua tecnica asciutta quanto efficace: pochi fronzoli ma molto cuore. Una denuncia. Bravissimo. Un piacere e un onore averti conosciuto . E quando tutta questa brutta storia sarà finita ci troveremo di nuovo!!!
Buon anno Michele a te e a tutti gli amici di questa chat!!!
Antica memoria possiede Milano dei clochardes, i suoi mendicanti. Indimenticabile già 30 anni fa, il famoso leopordato che a quei tempi riscosse scalpore mediatico. Da lì in poi una lunga fila di ben conosciuti e stanziali…. sino ad oggi, dove essi han perso persino il nomiglolo. Così dimenticati che nei bui archivi del Tribunale di Milano, si resero conto della presenza di uno di loro solo perchè deceduto. Le grandi città sono come giungle e in ogni giungla che si rispetti, c’è un animale che il branco isola perchè non più necessario. Così emarginati che possiedono ancora la loro libertà mentre noi l’abbiamo persa rincorrendo un finto benessere.. Questo articolo del bravo Michele, descrive con chiarezza ciò che tutti noi passando per di là, non vogliamo osservare ma il fondo ancora da grattare, la motivazione per cui se clochard sei, è perchè non fai nulla per non esserlo più, non viene presa in considerazione. Il mendicante del Medioevo appartiene alla sua epoca; oggi esiste il clochard che ha troppa paura di fare l’eremita ove la stessa Natura gli offrirebbe riparo e cibo. Offrire loro un tetto, non è ciò che vogliono come loto stessi affermano e non per i soldini rubati ma forse perchè il vicino sporco accanto, magari di notte scoreggia e a loro, abituati all’aria aperta e alla gelida notte, non lo sopportano. Non sono solo i clochardes a non avere più nè un nome nè un nomignolo, anche di noi benpasciuti, poco si rispetta il nome. Nell’epoca del Diritto muore in effetti la persona singola così chè quasi aneliamo d’ essere pastori di un gregge da tanto la libertà , quella vera, è divenuta chimera. Inoltre la nostra stessa società permette che loro abitino i marciapiedi e gli anfratti più bui; in altre società , ciò è inamissibile, vietato. Quindi è giusto o non è giusto consentirlo? Sarei curiosa di avere una risposta da una persona certamente preparata e grande giornalista, qual’è il Sig. Focarete.
Purtroppo ci siamo abituati… vediamo i senza tetto, leggiamo articoli, parliamo, ci commoviamo… Invece, proviamo a uscire dai salotti. Lo dico a me per prima. Protestiamo.
Non so come ma qualcuno mi ha avvisato di un articolo di mio padre su questo blog. Ad essere sincero non ho mai seguito assiduamente il suo scrivere neppure quando era al Corriere. Mi ricordo però che quando ha vinto il premio Vergani come miglior cronista, io mi sono inorgoglito non poco. Il pezzo di oggi mi è piaciuto e devo dare atto a mio padre che sa cogliere nel segno, anche adesso che il Covid lo limita nella sua continua sete di notizie. Se non ho capito male dietro questo blog c’e Il mio amico Di Gregorio, alias il Digre. Mi faceva giocare al calcio nella squadra del Corriere ed era l’unico a dire che gli ricordavo Van Basten. Bravo papà e bravo Digre.
Bravo Michele! Un segno di civiltà questa tua denuncia che ci riporta alla realtà; purtroppo la pandemia ci ha isolato eccessivamente.
Purtroppo l’articolo di Focarete mette in evidenza uno spaccato della nostra società che non ci fa onore. Il disagio degli invisibili è sotto gli occhi di tutti, ma sono poche le persone che ci fanno caso. Un articolo crudo, preciso, da cronista da marciapiede. Focarete ci consegna un grande pezzo pwr lasciare al lettore le giuste riflessioni.
Caro “Foca”, la realtà degli homeless che descrivi puntigliosamente nell’articolo in tempi di pandemia, non è dissimile da quella degli anni ’80. Nulla è cambiato: code da “Pane quotidiano” oggi come allora; un esercito di disperati che staziona e dorme nei posti più disparati e inverosimili. Nulla è cambiato.
Always forward!
Dante
Consiglio la lettura del libro di Patrick Declerck LES NAUFRAGE’S Avec les clochards de Paris edizione Terre Humaine Plon 2001