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di Nicola Giulioni

La vecchia Bogga era morta nel proprio letto e nessuno se n’era accorto finché non era cambiato il vento e la puzza dalla casa aveva raggiunto la Latteria sociale – a volte anche nei piccoli paesi c’è molta solitudine

Questo angoscioso aneddoto è solo uno dei tanti spunti offerti da Stefánsson, autore di “Luce d’estate ed è subito notte” (2005), per riflettere su una discrasia tipicamente scandinava: il rapporto tra l’elevata qualità della vita e l’altrettanto elevato tasso di depressione e suicidi.

Lo scrittore Jòn Kalman Stefánsson

Sono gli anni ‘90 e gli abitanti del paesino islandese in cui è ambientato il romanzo non godono di buona salute mentale: si va da casi di insoddisfazione o stress a vere e proprie forme di depressione.

Per iniziativa della preside della scuola viene perciò assegnato a Helga, da poco disoccupata, il compito di parlare al telefono con chiunque abbia bisogno di chiacchierare o di sfogare l’insofferenza e l’ansia. L’orario di lavoro di Helga, che sta al telefono dalle otto alle cinque per cinque giorni alla settimana, dà la misura concreta dell’urgenza di questa iniziativa.

Uno dei tanti personaggi che potrebbero beneficiarne è Ágústa, l’impiegata dell’ufficio postale, che un giorno, mossa da inquietudine mista a scontentezza, inizia ad aprire le lettere che passano tra le sue mani. I compaesani, pur sapendolo, la lasciano fare, perché «l’inverno qui può essere lungo, può essere indolente e noioso, siamo in pochi, le strade sono coperte di neve e il vento soffia tra le case»; più avanti l’Islanda è definita un «posto alla fine del mondo», che sarebbe davvero abitabile «se l’inverno non fosse così lungo e il cielo così nero».

Il villaggio di Vik ricoperto di neve

In termini psicologici questo malessere diffuso potrebbe essere ricondotto a una forma di SAD (Seasonal Affective Disorder), un disturbo che consiste nel manifestarsi di episodi depressivi in corrispondenza di certi momenti dell’anno, spesso quelli con meno ore di luce.

Ad acuire il disagio di molti personaggi si aggiunge la dispersione della popolazione nelle campagne, che causa una «mancanza di maturità sociale», cioè un’incapacità a rapportarsi con i vicini: non è un caso se l’isolamento sociale sia stato incluso, in uno studio pubblicato dal Consiglio dei Paesi Nordici nel 2018, tra i principali fattori che determinano infelicità e insoddisfazione.

Nel romanzo non viene offerta una soluzione concreta, ma piuttosto un’esortazione a rivalutare il buio, che «può essere un amico, ci porta la luna e le stelle del cielo».

L’unico a intuirlo sembrerebbe l’Astronomo, soprannome dato a un abitante che dedica la vita a perscrutare il cielo e una volta al mese, da dieci anni, tiene lezioni sui misteri dell’universo e della condizione umana. Gli altri abitanti ammettono che avrebbero dovuto seguirle di più, ma avevano sempre troppe cose da fare.

L’ultimo articolo di Nicola GiulioniFerito a morte. 

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