di Giuseppe Cultrera
Oggi le campane hanno un ruolo essenzialmente religioso, annunciare ai fedeli le funzioni o la festa patronale: una volta le suonate a orari fissi avevano una ben precisa finalità nella vita sociale della comunità. Parliamo ovviamente della comunità chiaramontana e di un tempo che va dalla metà del secolo scorso, all’indietro, fino alle origini della città.

La giornata iniziava col Patri nuostru: dopo l’alba, al cui suono le donne recitavano compunte il «Padre nostro».
Il Sarbi Rigina: alle ore 8; con la recita del «Salve Regina».
Manzuonnu (mezzogiorno): alle ore 12, quando i lavoratori (specie i muratori) sospendevano il lavoro per il pasto.
Vintinura (la ventunesima ora): secondo la stagione, da prima delle tre alle quattro pomeridiane.

I moti Signori, prima del tramonto, annunciavano la benedizione eucaristica.
A Virmaria: quando si faceva sera. Le persone che si trovavano in Piazza si toglievano il berretto e recitavano l’Ave Maria e si auguravano la Buona notte.
N’ura ri notti: ad un’ora di notte.
N’ura e menza ri notti: soltanto il giovedì sera.

La presenza del suono delle campane stava all’interno dei discorsi della gente: «Quel fatto successe dopo (o prima ) che suonasse quella tale campana», «Ci vediamo a vintinura». Se delle persone stavano parlando e si udivano i rintocchi di campana, qualcuno subito esclamava «Santa campana!» come intercalare del discorso, come rafforzativo o conferma di un assunto. Le campane con il loro messaggio sonoro riempivano le giornate. Quando il mattino del Giovedì Santo venivano attaccate, il paese rimaneva nel silenzio assoluto. Come se la vita si fosse fermata. E il Sabato era una gioia risentirle!

Le principali erano, oltre alla Matrice, quelle di S. Giovanni, S. Vito, S. Filippo e del Salvatore. In ogni chiesa, poi, esse annunziavano le varie Messe e la propria festa; sicché a volte un suono si aggiungeva o si accavallava a un altro. Il mezzogiorno antecedente alle feste patronali o principali, quali quella della Madonna di Gulfi, del Salvatore, di S. Giovanni o di S. Vito, suonavano a distesa tutte le campane di tutte le chiese, anche le più piccole.

Il cielo sopra il paese si riempiva di suoni, le strade di gioia, perché erompevano gli spari dei mortaretti, a cui seguivano, accompagnandoli prima e sovrastandoli poi, lo stormo delle campane, mentre la banda intonava allegre marce.
Le ‘ncunie (lett. agonie) annunciavano, con tristi rintocchi, i decessi: erano suonate, ad esclusione della Matrice, dalla chiesa vicina o di appartenenza alla persona morta.

Gli anziani ricordavano con nostalgia il suono della campana dell’Immacolata, che annunciava la novena. Durante l’ultima guerra era la prima (seguita da quelle di S. Giovanni, S. Filippo e S. Vito) a dare l’allarme rivelando l’imminenza di un’incursione aerea.

