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di Letizia Dimartino

Quando al mare piove si fa intorno tutto un silenzio. Per primi siamo noi che parliamo a voce bassa, gli uccelli zittiti e increduli. I vicini come scomparsi nel loro vocio continuo. La campagna sola, il fruscio intensissimo degli alberi, il paese che da qui sembra non esista più. Tutto è sospeso. Solo il ticchettio intenso sui tendoni della pioggia, sul granito della veranda. Io sto di colpo male, mi sdraio, prendo le gocce e guardo il mare di un colore non estivo e cupo. Suona l’orologio del campanile l’ora: ed è subito tutto bello.

Stamattina mi sveglio poco prima delle sei: piove. Cielo scuro. Freddo in questa campagna sbattuta dal vento, gli alberi coi rami a dondolare. E allora penso subito al ritorno in città, ai negozi con i golfini pesanti in vetrina, alle sciarpe soffici, alle camicie da notte lunghe che indosserò fra non molto. Voglio lasciarlo questo mare incupito, questa casa con le persiane e con gli spifferi. Non siamo in Scozia, nessun camino acceso, ma un letto dalle lenzuola lisce e calde, in cucina oggi spaghetti con i pomodori essiccati e l’olio aromatico, le foglie del basilico in ciuffo. Due gatti randagi sostano sulla soglia a ripararsi, mia figlia a giorni andrà via, il tormento e il pensiero che si fanno pesanti, il sibilo all’orecchio. La città che mi aspetta e quello che vorrei e mai più sarà. Mangio una fetta di pane tostata, metto una giacchetta. La voglia di fuggire.

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