di Giuseppe Schembari
Dopo aver trattato nelle scorse settimane due dei modelli simbolo di casa Lancia degli anni ’60: Fulvia e Flavia, non possiamo adesso non considerare quel terzo modello che rappresentò all’epoca il top della produzione del marchio torinese, ovvero l’Ammiraglia più elegante e lussuosa della produzione automobilistica italiana in quel momento storico: la Flaminia.
Il disegno elaborato da Pininfarina era ispirato allo stile della bella “concept” Florida, presentata al Salone di Parigi nel 1955, e che aveva raccolto i favori unanimi di critica e pubblico: dimensioni ampie, calandra davanti inglobata nella carrozzeria e due fari incorporati all’interno. Parafanghi originali, sottili, con dei piccoli fanali che venivano ad aggiungersi ai due maggiori. Dietro, la presenza di un paio di modeste pinne terminavano nella fanaleria di forma triangolare. Nella vista laterale, nonostante la mole, presentava una linea piacevole alleggerita da un rilievo che la percorreva per tutta la lunghezza. Ne costruirono quattro esemplari (3 berline uguali quattro porte e una due porte). Mentre della Florida II coupè, un solo esemplare: l’auto personale di Gian Battista Pinin Farina.

Il compito della Flaminia non era facile. Sostituire l’Aurelia nel cuore dei lancisti era compito assai difficile, ma Pininfarina ci riuscì, anche nel non facile obiettivo di concepire una originale e moderna linea che segnasse una vera innovazione rispetto al passato, pur nella tradizionale eleganza e nello stile che aveva contraddistinto da sempre il marchio torinese.
La berlina debuttò in anteprima al Salone di Torino del 1956 e nella versione definitiva al Salone di Ginevra del 1957. Le consegne dei primi esemplari iniziarono nel mese di giugno dello stesso anno.

Gli interni comodi e spaziosi, anche per sei persone, avevano finiture di livello superiore. I sedili a panchina avevano entrambi il poggiabraccia centrale rientrabile nello schienale. La plancia, elegante nel disegno, era composta da due grandi strumenti di forma circolare: tachimetro e contagiri, che a loro volta inglobavano altre spie ed indicatori. Al centro del cruscotto si trovava il portacenere, mentre dal lato del passeggero trovava posto un vano portaoggetti con serratura. Tra gli accessori c’era pure l’accendisigari, due plafoniere per l’illuminazione interna, i deflettori posteriori azionabili dal guidatore e doppi tergilavacristalli (anche per il lunotto posteriore). Il volante era a due razze con il comando del clacson formato da un semicerchio.
Meccanicamente, invece, non fu una rivoluzione. Il motore, benché ridisegnato, conservava la stessa architettura di quello dell’Aurelia: un 6 cilindri a V, ma di dimensioni quasi quadre con una cilindrata di 2458 cm³, monocarburatore a doppio corpo, per una potenza di 102 CV a 4600 giri.
Venne abbandonato, invece, il vecchio avantreno. Non più il classico assale brevettato Lancia, ma un semitelaio scatolato sul quale furono imbullonate le sospensioni a quadrilateri deformabili con molle elicoidali, ammortizzatori idraulici e barra stabilizzatrice. Invariato invece il retrotreno con assale rigido tipo De Dion con barra antirollio, gruppo frizione e cambio in blocco con il differenziale e freni (posteriori) interni. 2.695 gli esemplari prodotti.
Un modello leggermente modificato (quasi una II serie) venne presentato al Salone di Torino del 1961 con la carrozzeria quasi invariata (gruppi ottici posteriori modificati per aggiungere le luci di retromarcia) e qualche modifica nella plancia. Modesti i miglioramenti della meccanica con il motore lievemente potenziato a 110 CV e qualche altra piccola modifica all’albero di trasmissione. Ne vennero costruiti 638 esemplari.
La terza serie debuttò al Salone di Francoforte del 1963 con un motore più potente di 2.775 cm³, senza modifiche negli interni e nella carrozzeria (a parte la scritta 2,8 accanto alla scritta Flaminia). 599 gli esemplari costruiti.

La Lancia produsse per le versioni speciali della Flaminia due tipi di pianale (più quello destinato alla Presidenziale): uno più lungo che venne affidato a Pininfarina. L’altro, più corto, alle Carrozzerie Touring e Zagato. La versione coupè Pininfarina venne presentata al Salone di Torino del 1959 e riproponeva lo stesso tema stilistico della berlina. Dunque, piuttosto che privilegare la sportività, puntò sull’abitabilità e il confort, risultando poco slanciata nella forma. Il motore era stato leggermente potenziato fino a 119 CV. Prodotti 3.201 esemplari.

Nel 1962 furono apportate alla coupé alcune modifiche, soprattutto nel motore, che fu dotato di un carburatore a triplo corpo (3B) con una potenza aumentata a 128 CV (950 esemplari). Poi, seguendo l’evoluzione della berlina, nel 1963 venne adottato il motore 2,8 con carburatore triplo corpo e 140 CV. Di questo modello ne furono costruiti 1.085 esemplari.
La prestigiosa Carrozzeria milanese Touring approntò, invece, sul telaio più corto, la versione Gran Turismo (GT). Un riuscitissimo modello slanciato, sportivo ed elegante allo stesso tempo, caratterizzato soprattutto da una bassa linea di cintura. Fu prodotto sia in versione Coupé che in versione Convertibile. La Coupé GT venne presenta al Salone di Torino del 1958, la Convertibile GT, invece, al Salone di Ginevra del 1960. Costruite secondo la tipica struttura brevettata “Superleggera”, cioè un telaio in tubi di acciaio ricoperto da una pelle di alluminio ispirato alle costruzioni aeronautiche. Spiccavano nell’anteriore i doppi fari i quali si armonizzavano perfettamente con le pinne posteriori terminanti con gli originali gruppi ottici posteriori di forma trapezoidale. L’abitacolo, elegante e sportivo, era solo per due posti con sedili dalla forma detta “a trifoglio”. Il Coupè GT fu costruito dal 1959 al 1961 in 863 esemplari. La Convertibile in 421 esemplari da 1960 al 1961.

Nel 1962 fu presentata una nuova versione potenziata denominata “3C”, sigla che stava ad indicare l’adozione di 3 carburatori doppio corpo che portò la potenza a 140 CV e costruita in numero di 685 esemplari Coupé (1962-1963) e 246 esemplari della Convertibile (1961-1963) (ne ho posseduta una di queste), alla quale seguì nel 1963, come per gli altri modelli Flaminia, il modello con motore 2,8 a tre carburatori con 150 CV. 468 esemplari per la Coupé (1963-1965) e 180 esemplari Convertibile (1963-1964).

Nello stesso anno fu presentata anche la versione GTL, con un passo leggermente allungato per consentire un’abitabilità posteriore da 2+2. Ma la linea ne ebbe un vistoso danno, risultando meno slanciata e più goffa. Fu prodotta in 672 esemplari con motore di 2.458 cm³ 3C e in 468 esemplari con motore 2.775 cm³ 3C.

La versione speciale Sport, su telaio corto, carrozzata da Zagato completò la gamma delle Flaminia. Si trattò di una delle più riuscite e affascinanti creazioni mai eseguite dalla carrozzeria milanese nella sua storia. Presentata al Salone di Torino del 1958 (insieme alla versione GT Touring), era caratterizzata da una linea decisamente di stampo sportivo (che ricordava quella dell’Appia GT dello stesso costruttore) e aveva una forma tondeggiante caratterizzata dal tetto con due lievi gobbe, tipiche delle creazioni Zagato, con telaio d’acciaio ricoperto da pelle di alluminio. In verità meno efficiente e dimensionato rispetto al “Superleggera” della Touring.

La clientela più sportiva poteva ordinarla ulteriormente alleggerita ed equipaggiata con sedili tipo corsa e con i vetri laterali e posteriori sostituiti dal plexiglass.
Al Salone di Torino del 1959 venne presentata anche nella variante senza fari carenati, mentre per il resto seguì l’evoluzione motoristica del modello Touring.
Le finiture degli interni risultavano meno curate rispetto alle versioni Pininfarina e Touring.
Nel 1964, al Salone di Torino fu presentato il modello Super Sport che stilisticamente presentava delle modifiche estetiche vistose rispetto alla Sport. La più evidente nella parte posteriore: non più spiovente, ma tronca. Leggermente modificato anche il frontale con una profilatura più aerodinamica che si raccordava perfettamente con l’alloggiamento a goccia dei fari, ricoperto da una plastica trasparente appositamente modellata. Ne furono prodotte 187, tutte in versione 2,8 3C con motore potenziato a 152 CV, ma a differenza della “Sport” non furono prodotte tutte in alluminio. Nonostante la letteratura ufficiale non ne faccia menzione, un buon numero di Super Sport furono costruite in acciaio con sportelli e cofani d’alluminio (personalmente ne ho posseduta una di queste). Un’omissione incomprensibile sia da parte di Zagato che della stessa Lancia.
