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di Giuseppe Barone

Frate Marcello da Palermo è un architetto che a metà del ‘600 ha lasciato un’impronta significativa sull’impianto urbanistico di Modica, come hanno evidenziato anche gli studi recenti di Paolo Nifosì. Praticamente sconosciuto fino a qualche decennio fa, l”ingegnero’ francescano dei Minori Osservanti Riformati appartiene a quella schiera di progettisti che hanno costruito la struttura policentrica delle città iblea. Lo troviamo attivo a Ragusa e a Comiso, ma soprattutto a Modica dove firma interventi di riqualificazione urbana. Sappiamo ancora poco delle vicende biografiche, ma la sua operosità lo colloca certamente tra i protagonisti della storia culturale della Contea.

Uno scorcio della città di Modica con il Duomo di San Giorgio (foto di Ludvig14 da Wikipedia)

Nel 1637 viene chiamato dai Giurati per ampliare i percorsi laterali che costeggiavano il torrente dalla Piazza Maggiore (oggi Piazza Municipio) in modo da consentire il passaggio delle carrozze. Veniva così ridotto il letto fluviale e si consolidano gli argini con contrafforti in grado di sostenere il crescente traffico di uomini, merci ed animali. Modica bassa poteva ora svilupparsi longitudinalmente, inglobando il quartiere Casale e saldando in una unitaria cortina edilizia i precedenti insediamenti sparsi. La “forma Urbis” così delineata si sarebbe mantenuta intatta per quasi due secoli, finché le tragiche alluvioni del 1818 e del 1833 non avrebbero fatto saltare gli equilibri idrogeologici e residenziali dell’abitato.

Nel luglio del 1639 frate Marcello partecipa alla cerimoniale posa della “prima pietra” del “suo” convento dei Minori Riformati Osservanti con l’annessa chiesa di Sant’Anna. Davanti al Governatore Bernardo Valseca e agli alti magistrati della Contea sfila la solenne processione che sacralizza l’edificazione del complesso architettonico. L’ingegnere francescano progetta e realizza un edificio maestoso che dalla collina di Cartellone si affaccia “superbo” (così lo definisce lo storico Placido Carrafa nel 1653) con la svettante Aquila che lo sormonta. Nonostante l’appartenenza alla provincia “riformata” limitasse l’accumulo di rendite e censi, il Convento di Sant’Anna sarà per oltre due secoli una presenza devozionale e assistenziale importante per il quartiere d’Oriente (le donne incinte si rivolgevano alla madre di Maria per un parto “sine periculo mortis” e per godere di abbondante latte al seno materno) fino all’abolizione delle Corporazioni religiose e alla sua trasformazione in Liceo-Convitto nel 1878.

La chiesa di Sant’Anna e il suo chiostro

Nel 1643 il frate palermitano firma il nuovo progetto della “fabbrica” di San Giorgio. Si tratta di un’impresa impegnativa per la cattedrale della Contea, che richiedeva interventi urgenti in seguito al crollo di un pilastro del transetto e alla fragilità di alcuni archi. La scelta di frate Marcello da parte dei procuratori e del clero della Chiesa matrice conferma la fama e la competenza riconosciute ormai all’artista. Il terremoto del 1693 distruggerà purtroppo l’edificio così restaurato ed abbellito su ordine del Conte e Viceré di Sicilia Juan Alfonso Enriquez Cabrera e del governatore Echebelz. Due anni dopo gli ufficiali della Contea lo chiamano per lavori urgenti di fortificazione ai bastioni del Castello e per restaurare la trabeazione della sua Porta principale che guardava verso l’abitato sottostante. Nel 1652 lo ritroviamo attivo nel cantiere del convento e della chiesa di San Martino a Modica alta.

Juan Alfonso Enriquez Cabrera

Nel 1666 i giurati Antonio Salemi, Carlo Ascenzo, Aloisio Vassallo e Benedetto Zacco, insieme al Governatore Barone Giovanni Grimaldi, affidano a frate Marcello l’incarico di realizzare nella Piazza Maggiore una grande Fontana di artistica fattura e dedicata ad Ercole mitico fondatore della città. Il progetto era ambizioso e l’Università si impegnava a finanziarlo con una somma con ben 500 onze (250.000 euro di oggi), ad imitazione delle Fontane coeve di Messina e di Noto (davanti alla chiesa di S. Domenico).

L’opera doveva magnificare l’antichità e la nobiltà di Modica e doveva contenere gli stemmi del Re, della Contea, del governatore Grimaldi e della città. Due vasche giganti si sarebbero elevate su due livelli per un’ altezza di 6 metri con 15 differenti zampilli d’ acqua. La statua di Ercole in cima alla Fontana doveva misurare 2 metri d’ altezza. I Capimastri prescelti furono Carlo e Nunzio D’Amico, imparentati con l’architetto palermitano. Non sappiamo i motivi per quali l’iniziativa non andò in porto, ma essa è una straordinaria testimonianza della progettualità e del gusto delle classi dirigenti, nonché del rapporto virtuoso tra committenza pubblica ed artisti nella Contea.

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