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di Redazione

“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo”. Adriano Olivetti, l’umanizzatore della fabbrica, coniò questa definizione del lavoro agli inizi degli anni Trenta. Le prestazioni professionali, a più di novant’anni, non sono molto cambiate. Il tormento a cui si riferiva Olivetti era lo sfruttamento.

Adriano Olivetti

Un problema annoso. Il lavoro sottopagato, non riguarda soltanto categorie stagionali, o meno prestigiose come agricoltura o distribuzione, ma anche mestieri che fino a pochi anni fa sembravano, e in effetti lo erano, professioni elitarie: il giornalismo. Potrebbe apparire anacronistico ma già da alcuni anni si dibatte sulla dignità del lavoro.

Nel 2010 a Firenze si diedero appuntamento oltre trecento giornalisti precari, chiamati a raccolta dall’Ordine dei giornalisti e dalla FNSI per discutere dei problemi della professione. Momento clou la tavola rotonda “Cinquanta centesimi a pezzo: è dignità?”. Vennero fuori posizioni davvero incredibili.

La FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) per bocca dell’allora presidente Carlo Malinconico ammise che “il problema degli articoli pagati troppo poco sussiste: non tutti possono essere assunti all’interno di una redazione, quindi l’apporto dei collaboratori è fondamentale”. E assicurò che la FIEG “pensa che il compenso debba essere correttamente proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto”. Sulla definizione di “proporzionato” Malinconico però non si sbilanciò: “Non tutti i pezzi sono uguali, noi chiediamo di differenziare. Questo comunque non vuol dire tollerare gli abusi”.

Franco Siddi il segretario di quegli anni della FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) il sindacato dei giornalisti, dichiarò che: “I pezzi pagati 2,5 euro sono uno scandalo, non permettono nemmeno di pagarsi la telefonata o il biglietto dell’autobus”.

Enzo Ghirra, dell’Ordine dei Giornalisti aggiunse: “Nella nostra professione un giornalista sottopagato è un giornalista meno libero. Siddi chiuse con una dichiarazione durissima: “Non si può tollerare che vi siano casi in cui vengono tagliati i compensi ai collaboratori ma aumentati i bonus e le gratifiche ai manager“.

Un rappresentante del Coordinamento Giornalisti Precari della Campania fece scalpore. “Da un nostro monitoraggio emerge che il 60% degli articoli è scritto dai collaboratori e che mediamente costoro portano a casa 300 euro al mese. Da alcuni anni sono cambiati i vertici delle organizzazioni che presiedono editori e giornalisti, ma il risultato è amaramente lo stesso.
La festa dei lavoratori dovrebbe servire anche a questo. Buon primo maggio.

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