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di Redazione

Parliamone. Sta diventando un problema davvero complicato. Anzi lo è già da alcuni anni. Chi raccoglie le olive?

Un tempo, ma non vogliamo andare nella preistoria, circa cinquant’anni fa, tutta la famiglia, nonni compresi si svegliava all’alba e con il carretto andava nel podere a prelevare da quegli alberi secolari un frutto straordinario: l’oliva. A fine raccolto e dopo la “spremitura” in quel magico luogo che era il frantoio (testimoniato dal nostro museo dell’olio), era una vera festa. Ma non facciamoci prendere dalla nostalgia.

Con un balzo temporale arriviamo quasi ai giorni nostri. Fino a pochi anni addietro esistevano addirittura delle squadre di raccoglitori chiaramontani che di anno in anno, fedelmente, si ritrovavano nello stesso uliveto a mettere in scena una tradizione millenaria. Lo facevano con un po’ di broncio, ma il miracolo si avverava. Alla fine non c’era più la festa ma il raccolto era salvo. L’olio sgorgava dai primi frantoi moderni con soddisfazione di tutto il territorio finalmente assurto a eccellenza internazionale per la qualità del prodotto.

In questi ultimi anni è quasi una tragedia, anzi senza quasi: è un disastro. Ai nostri figli abbiamo servito una laurea (per lo più triennale) che serve a soddisfare il nostro ego. Così noi possiamo solo dire: “vuoi che mio figlio, dottore in conoscenze umanistiche digitali, raccolga le olive?”.

Allora si va alla ricerca dei ragazzi immigrati. E qui si apre una annoso problema. Molti di coloro i quali ingaggiano i giovani provenienti dall’Africa pagano un salario davvero irrisorio (invece dei 50 euro al giorno, paga media per un lavoratore in agricoltura, si arriva al massimo a trenta euro). Quindi si può parlare addirittura di schiavismo o quasi.
La legge del caporalato ha tutelato alcune sacche di sfruttamento, ma ancora non è riuscita a debellare un atavico malcostume. Forse con un equo emolumento ci sarebbe più forza lavoro? Crediamo di si. Ma se fino a questo momento i fatti sono questi, il problema esiste eccome!

Non ci resta che inventare una app e “costringere” le olive a scendere dall’albero e prendere la via del frantoio per decretare che la campagna olearia è già finita.
Non occorre fare proclami, bisogna agire. Torniamo alle vecchie tradizioni con una mediazione di stampo modernista e forse una soluzione verrà trovata. Parliamone, grazie.

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