di Giuseppe Cultrera
Accade di incontrare, nel paesaggio ragusano, qualche torre tutta di pietra: anzi un contenitore di pietre. Fa un certo effetto; e per la mole e per quel certosino lavoro di taglio e incastro, tutto a secco. Somigliano ai nuraghi sardi e ai sesi di Pantelleria; e hanno stessa ascendenza nelle antiche e mitiche costruzioni megalitiche del bacino mediterraneo. Ma sono molto più recenti, uno/due secoli circa, tutt’al più. I contadini li chiamano “muragghi”. E furono loro, con il paziente e lungo lavoro di spietramento del fondo, a realizzarne la maggior parte: piccoli, o maestosi come torri. Ecco svelato il mistero, la loro nascita fu determinata da esigenze pratiche di pulizia dei terreni che, specialmente nell’altopiano, erano ricoperti d’affioramenti calcarei.

Una salutare passeggiata pomeridiana o domenicale può essere dedicata alla loro ricerca e visita. Non hanno l’alterigia dei monumenti storici, teatro di battaglie o di potere, e neppure orpelli stilistici da esibire. Raccontano del duro lavoro della terra, della consonanza con il paesaggio umano, del ciclo delle colture e delle stagioni che scorrevano immutabili tra le cave e gli altopiani, terrazzati dai caratteristici muri a secco. Incontrerete nel vostro percorso, a seconda della stagione, piante aromatiche ed erbe commestibili (asparagi, cicoria, lassini, capperi, finocchietto, origano, timo ecc.) e fiori (le stupende orchidee iblee, per esempio) che stentano a sopravvivere alla invadente e tumultuosa nostra “civiltà” che elargisce cemento e rifiuti a gogò.

Le foto a corredo si riferiscono ai muragghi di contrada Santa Rosalia e S. Filippo, S. Giacomo, Cava Renna, contrada Conservatore. Ma troverete tanti altri muragghi a Modica, Scicli e Sampieri (contrada Trippatore, Villa Ottaviano) nelle città montane dell’interno.

Tra le funzioni sembra ci fosse anche quella di controllo del territorio circostante, e le pratiche ed originali scale che portavano al terrazzo, in cima, lo dimostrerebbero. O, forse, servirono solo per salire in alto e riposarsi dal duro lavoro. Ascendere in ogni caso non è soltanto un esercizio fisico. Possiamo provarlo anche noi. Magari, nel caso del muragghiu di S. Filippo, districandoci un po’ tra le invadenti radici e il fusto del bagolaro che ci vive in simbiosi. Arrivare alla vetta – come recita una nota pubblicità – non ha prezzo. Per tutto il resto…

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1 Comment
Bell’articolo, complimenti.