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di Salvatore Laterra Majore.  

Tutto inizia tra la fine del 2019 e gli inizi del 2020, quando a Wuhan scoppia questa pandemia, all’inizio il virus non viene riconosciuto per quello che è, ma già da metà gennaio il governo cinese comunica al mondo questa notizia.

Noi osserviamo tutto quello che succede in modo molto distaccato. In Cina tutto può accadere, la cosa non ci riguarda, da noi non arriverà, figuriamoci, vediamo le immagini di una città in stato d’assedio, con militari pronti a tutto pur di far rispettare le regole del lockdown.

A fine febbraio i dubbi aumentano con l’aumento dei contagiati in Italia. La sera del 24 febbraio, Sagra della Salsiccia a Chiaramonte Gulfi, il carissimo amico Dott. Armando, farmacista, mi porta 4 mascherine. Scherzosamente barattiamo, in cambio della salsiccia arrosto, ‘le mascherine le conservi che possono servire e tra poco saranno introvabili, ne ho messe da parte alcune per un nostro comune amico ipocondriaco…’, i dubbi aumentano sempre più, cominciamo a prendere coscienza che può essere anche un problema nostro.

Con la chiusura delle scuole del 5 marzo e le successive chiusure di bar e ristoranti del 9 marzo entro le ore 18,00, e la chiusura totale dal 12 marzo, i dubbi si trasformano in paura. Arrivano i primi contagi in provincia di Ragusa.

Paura, paura di essere travolti da questo nemico invisibile e terribile, paura perché il nostro servizio sanitario non sembra all’altezza della situazione. La vicenda del Soprintendente Dott. Rizzuto mi segna moltissimo, perché intanto è la prima vittima di Covid-19 conosciuta personalmente, e anche perché se un soggetto di tale livello è vittima di un caso di malasanità, cosa potrebbe succedere se la cosa si espandesse come al Nord, da dove arrivano notizie e immagini terribili? Dramma.

Il 27 marzo la preghiera di Papa Francesco in una Piazza San Pietro deserta e triste – ‘Ci sentivamo forti e capaci di tutto. Ma la tempesta ha smascherato la nostra vulnerabilità e lasciate scoperte quelle false e superflue sicurezze…’ – segna tutti e ci riporta a grosse riflessioni.

Le paure aumentano sempre più, ci rendiamo conto che nulla sarà come prima, probabilmente ci sarà un taglio netto pre Covid-19 e post Covid-19. Paura per il lavoro, paura di non poter riprendere. Quando viene pubblicato un protocollo INAIL-ISS con misure strettissime, per la riapertura di bar e ristoranti , impossibile da adottare, si passa dalla paura allo scoramento totale.

Il 14 maggio mando un messaggio (Aprile -93,83% di fatturato) a Gianni Arrabito, un amico, un fratello, una persona con cui ho condiviso momenti belli, meno belli e brutti. Dopo dieci minuti risponde con un messaggio forte e pieno d’incoraggiamento, ma alla fine chiude con ‘Chissà forse sarebbe stata meglio una guerra??’. Il 16 maggio sempre il mio amico Gianni pubblica una bellissima lettera indirizzata a me, ecco alcuni stralci:

‘Caro Salvatore, ti scrivo per dirti che questo dannato virus credo sia riuscito ad interrompere i nostri sogni… La Ripartenza, non sarà questo lunedì… ma parleremo di ripartenza quando riusciremo a trovare la quadra, tra tutte le normative burocratiche e capiremo anche come affrontarla…
Caro Salvatore, mi dici, come potremmo noi piccoli imprenditori ed artigiani lavorare con questi “condizionamenti “ per il controllo Pandemia ?… Da lunedì prossimo, dovremmo tutti adeguarci ad applicare queste normative importanti per la nostra salute e per quella dei nostri clienti . Se non lo facessimo, rischieremo d’essere additati “untori” ?…
Salvatore, non pensi che sia da prendere in considerazione uno straordinario anno commerciale sabatico… Pensandoci bene, TURIDDU, chissà ! Forse sarebbe stata meglio una guerra combattuta con armi meccaniche ?!… Vinta o persa che sia, pur sempre con gli stessi morti innocenti di oggi, ma almeno con la certezza di aver debellato il nemico. Purtroppo questo “Virus” ha per alleato la “confusione”, che con rammarico, circoleranno insieme ancora per molto tempo ed io a questo gioco con grande orgoglio non ci voglio stare…’

Immediatamente carico e, scrollate tutte le paure dettate anche dalla curva del contagio che arretra sempre di più, lo chiamo e gli dico:
‘Se io fossi titolare del ristorante “Il Braciere”, e tu addetto vendite della “Cantina Val Dell’Osso e della Distilleria Cervino” potremmo prenderci un anno sabbatico, ma senza falsa presunzione per quello che siamo e rappresentiamo non possiamo fermarci’.

Lui: ‘volevo sentire questo’. Certezze senza se e senza ma, certezze di riprendere consapevoli di affrontare un periodo difficilissimo, certezze di avere tanti amici, certezze di aver trovato nuovi amici con cui in interminabili telefonate e messaggi whatsapp abbiamo scambiato e condiviso questo particolare periodo, perché nonostante quello che si dice e quello che si vuol far apparire, la certezza della vulnerabilità dell’uomo, anche il più potente, è stata dimostrata e ce la porteremo nel nostro bagaglio umano.


Salvatore Laterra Majore
è titolare di quarta generazione del celebre “Ristorante Majore”, che vanta una lunghissima ed invidiabile storia a cavallo di tre secoli, essendo iniziata nel 1896. Da sempre è custode ed interprete della migliore tradizione culinaria locale a base di carne di maiale. Attività esemplificata da un felice slogan diventato nel tempo un vero e proprio marchio aziendale: “Qui si magnifica il porco”!

 

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