ovvero
È dura crescere
di Giulia Cultrera
Malcolm in the middle è una di quelle serie che conosciamo tutti. Ha accompagnato la nostra infanzia durante i primi anni 2000 e per qualche legge universale a noi sconosciuta, era molto più probabile trovare per l’ennesima volta in tv un episodio già visto piuttosto che beccarne uno nuovo.
Motivo per cui di alcune puntate possiamo addirittura ricordare a memoria le battute dei personaggi.
Ma se agli occhi di un bambino può apparire un prodotto come tanti altri, riguardandolo oggi, con spirito più critico e maturo, è impossibile non notare l’enorme potenziale di questo show.
Partiamo dalla rottura della quarta parete. Ormai è una tecnica frequente e spesso abusata, ma decenni fa era assolutamente un elemento di novità e originalità. Così come è stata innovativa la scelta di non inserire – finalmente – le risate registrate, immancabili nelle sit-com di quegli anni.
Le tematiche affrontate in Malcolm in the middle sono svariate, molte ancora attuali. Il modo in cui vengono trattate è assolutamente geniale e politicamente scorretto. Esattamente come in The Office, seppur in un contesto totalmente diverso, argomenti delicati vengono svuotati dei propri tabù e mostrati per quello che sono realmente.
Il risultato è una critica lucida e obiettiva, spesso anche tagliente, intrisa di ironia e risvolti un po’ amari.
Inserita in questa cornice, troviamo una famiglia disfunzionale e sui generis, in cui il conflittuale rapporto con la madre, pilastro indiscusso della casa, è il filo conduttore della serie. All’ambiente casalingo si aggiungono la scuola e il luogo di lavoro, teatro delle vicissitudini, spesso turbolente, in cui si trovano coinvolti i personaggi.
Accompagniamo i protagonisti durante la loro infanzia e adolescenza, e li vediamo cercare disperatamente il loro spazio nel mondo, anche se le apparenze e i pregiudizi prendono spesso il sopravvento. Malcolm è un genio e viene per questo emarginato e bullizzato. Reese è un bullo perché questa è l’unica identità che è riuscito a rivendicare. Dewey è un talento musicale, ma anche in questo caso il suo potenziale non viene compreso fino in fondo. Francis non vuole diventare un uomo adulto, forse perché la giovinezza gli è stata strappata troppo presto dall’accademia militare.
Non è facile crescere per loro in un contesto in cui sono etichettati come emarginati e nulla sembra portare a un riscatto personale. Perfino il vicinato tende a isolarli e disprezzarli.
Ed è per questo che Malcolm in the middle è una serie adatta a tutte le età e che va rivista in momenti diversi della propria vita. Ha più livelli di narrazione e alcuni possono essere compresi e apprezzati soltanto in una fase adulta. La tematica adolescenziale è sì preponderante, ma si lega a dinamiche personali, familiari e relazionali dal respiro più ampio e universale.
Malcolm è il protagonista indiscusso, in the middle perché figlio di mezzo, spesso trascurato in quanto autonomo e meno problematico rispetto ai fratelli.
Ed effettivamente, con dei figli così impegnativi, non ci stupiremmo più di tanto se Hal decidesse di crearsi una nuova famiglia, diventare un insegnante di chimica e cominciare a cucinare metanfetamina. Ma questa è un’altra storia.