5
(9)

Esce domani un interessante inedito del barone chiaramontano Corrado Melfi di San Giovanni relativo agli “Usi costumi e superstizioni del popolo chiaramontano” curato da Giuseppe Cultrera. Domani è prevista, anche, la presentazione (ore 18,30) al Circolo di Conversazione di Chiaramonte Gulfi, che ha contribuito alla edizione.

In anteprima pubblichiamo uno stralcio dell’introduzione che analizza i difficili rapporti con l’altro illustre scrittore chiaramontano, Serafino Amabile Guastella e un’acuta notazione di Leonardo Sciascia…

 di Giuseppe Cultrera

Quella con Guastella, padre e figlio, è una polemica prima personale e poi famigliare: cominciata a inizio Ottocento, quando i due casati erano su posizioni politiche e ideologiche opposte, e proseguita fino a fine secolo, anche quando le famiglie erano strettamente imparentate.

Una vecchia ruggine che riguardava la loro contrapposizione in politica: i Melfi conservatori e legati alla potente fazione dei Ventura molto influenti nel governo, prima borbonico e ora piemontese, con Filippo Ventura Nicastro senatore del Regno D’Italia, e i Guastella liberali antiborbonici legati al gruppo filogovernativo dei Cultrera e dei borghesi emergenti, Rizza e Rosso; contrapposti, specialmente nella vita sociale e politica chiaramontana.

Melfi, Guastella, Sciascia e la sciarra infinita
Ritratto pittorico di Corrado Melfi barone di San Giovanni, olio di Nicolò Distefano. Ritratto di Serafino Amabile Guastella, litografia di Giuseppe Puccio, 1900

Nella esaltante battaglia per la costituzione del 1812, nei moti del ‘38, ‘48 e poi in quelli del ‘60 che avrebbero sancito la fine dei Borboni e l’inizio della nuova Italia, Gaetano Guastella, il padre, e poi lo stesso Serafino sarebbero stati in prima fila a esplicitare l’antinomia con il vecchio regime e la conseguente contrapposizione ai Melfi che ne rappresentavano autorità e funzioni (il nonno di Corrado Melfi e i suoi antenati, furono tra i maggiori rappresentanti del regime).

Nel 1837, mentre il colera morbus atterriva la popolazione, e i germi di un’avversione sempre più insidiosa e virulenta minavano la monarchia borbonica, a Chiaramonte esplode lo scontro tra i due gruppi di potere. I Guastella scendono in piazza in aperta contestazione dell’ancien regime e dei loro sostenitori; li segue gran parte della emergente borghesia. Interviene l’esercito, e i conservatori si sentono rassicurati dalla repressione.

Gaetano Guastella, arrestato, finisce in galera a Siracusa, rischia la fucilazione, ma poi ritorna in patria, vincitore morale.

La successiva prova di forza nel ’48 trova, padre e figlio, liberali e borghesi, in vantaggio. Gaetano Guastella viene nominato presidente del Consiglio, Serafino fa parte del Decurionato.

Un libello del 1860 (Gaetano Guastella, Chiaramonte nel 1848) che racconta con accesa partecipazione quella fase di scontro politico – con accuse esplicite di brogli, gestione del potere arrogante e vessatorio, privazione delle libertà individuali, oscure manovre di destabilizzazione – testimonia il coinvolgimento in prima linea delle due famiglie avversarie. In una copia, proveniente dalla biblioteca personale di Corrado Melfi troviamo annotate, di pugno dello stesso, delle sarcastiche osservazioni a margine del testo, oltre a puntuali rettifiche (chiaramente dal punto di vista del Melfi) o a esacerbate rimostranze. Che fanno il paio con la velenosa nota apposta nella propria copia dei Canti popolari di S. A. Guastella relativa alla metodologia di ricerca dello scrittore chiaramontano: «Questi canti dal Guastella e dal suo bastardo Giuseppe Bonafede, furono poste nel letto di Procurzio (sic: sta per Procuste) e tagliati e stiracchiati a secondo come gli erano necessari. Ciò mi fu confidato dal Bonafede quando io lamentavo tanto».

Melfi, Guastella, Sciascia e la sciarra infinita
Il barone Corrado Melfi (terzo a destra con in braccio una nipotina) nel giardino della sua villa di contrada Cicimia, in compagnia dei monaci francescani di Santa Maria di Gesù. Al centro altri nipoti e sulla sinistra il figlio Vincenzo con Nunzio suo primogenito

E quanto fosse, quest’astio, profondo e malevolo, lo constatò Leonardo Sciascia, che acquistando in una bancarella di antiquariato una copia della Storia di Chiaramonte, trovò la somigliante nota, autografa del Melfi, a chiarire le idee al futuro lettore. Quando gli comunicai, in occasione del convegno su Guastella (1986) che quella annotazione era presente anche in altra copia, egli ne trasse un arguto spunto che troviamo all’interno della sua relazione.

«[…] Di aver fatto qualcosa di simile il Guastella era accusato dal barone Corrado Melfi di S. Giovanni, autore di una storia di Chiaramonte Gulfi cui – pare ad ogni esemplare, ma certamente in quello che ho avuto e in altri di cui ho notizia – apponeva manoscritta la nota che dei canti popolari della Contea pubblicati dal Guastella non c’era da fidarsi, avendoli, costui a suo arbitrio e gusto manipolati, e con l’aiuto, afferma, del “suo bastardo Giuseppe Bonafede”: che era il Bonafede, si può aggiungere, uomo di poverissima condizione, certamente illegittimo, che aveva nativo e fertile il dono di foggiare endecasillabi ed ottave, inesauribilmente e non di rado attingendo alla poesia. Accusa, questa del Melfi, che invero mi dà un certo compiacimento: poiché se ne può dedurre che il Guastella sarà magari non del tutto affidabile come filologo delle tradizioni popolari, ma era capace, per conoscenza e fantasia, di autenticamente ricrearle.»

E doveva essere antipatia ben stratificata e irreversibile se nel 1928 sul manoscritto «Cenni biografici di Chiaramontani» approntato per la riedizione del Dizionario biografico di tutti gli uomini siciliani delle lettere delle scienze e delle arti a cura dello scrittore avolese Gaetano Gubernale, in una nota fa presente che «le biografie del Barone Gaetano Guastella e figlio Serafino mi ricusai di farle e saranno fatte dal Direttore Gubernale».

Melfi, Guastella, Sciascia e la sciarra infinita
Corrado Melfi nel suo studio. (A destra) Copertina dell’inedito Usi costumi e pregiudizi del popolo chiaramontano, Dettagli, 2023

Banner: Giorgio Distefano, Nerocielo Chiaramonte (tecnica mista su tela, cm 35×80, 2014. Collezione privata)

 

Vota questo articolo

Valutazione media 5 / 5. Conteggio voti 9

2 Comments

  1. Federico Guastella Reply

    Eppure il fratello di Serafino, maggiore o minore di età che sia, sposò la sorella Ignazia, sorella del barone Corrado Melfi, da cui nacque anche mio nonno. Come a dire che le vie del Signore sono infinite.

    • Giuseppe Cultrera Reply

      Appunto: a questo mi riferivo, oggi plasticamente documentato dai due stemmi, simmetricamente disposti, sul prospetto del palazzo di via Tommaso Chiavola. Ma è una “storia” comune a tante altre famiglie borghesi e nobili tra settecento ed ottocento a Chiaramonte! Grazie per aver colto lo spunto da cortese ed attento lettore, e testimone “interno” in quanto, come dici, discendente dei Guastella.

Write A Comment