di L’Alieno
Mi pare che ci sia stato un che di sgradevolmente provinciale nel clamore mediatico locale suscitato dal matrimonio di Miriam Leone. Un martellamento durato per giorni.
Peraltro confesso colpevolmente di non sapere nemmeno chi fosse fino a pochi giorni fa. Ho dovuto far ricorso al salvifico Wikipedia per capire cosa abbia fatto di preciso nella vita e non posso negare una puntina di delusione. Con tutto il rispetto, non sembrerebbe Susan Sarandon dal curriculum.

Per carità, una carriera dignitosa, magari vincerà il premio Oscar fra qualche anno, ma al momento non mi pare che si possa dire molto su di lei e ancor meno sul suo matrimonio con uno sconosciuto calatino: tale Paolo Carullo musicista e imprenditore. Magari sarà un mio limite ma non comprendo bene la portata storica dell’evento e nemmeno i tanti “succosi” dettagli comunicati dalla stampa locale sul presunto “matrimonio dell’anno“: come la cafonissima “Ape calessino” per scorrazzare a Scicli.
Ancor meno capisco l’Amministrazione sciclitana che in una nota pubblica afferma di aver lavorato per tredici mesi all’evento (per fare che, di grazia?). Oppure l’Amministrazione di Ragusa che ha chiuso al pubblico per due giorni il Castello di Donnafugata perché trasformato in sala ricevimento ospiti dai novelli sposi. È vero che già era successo per Luca Zingaretti, ma il celebre Commissario Montalbano è stato uno storico testimonial nel mondo della terra iblea. L’eccezionalità della concessione appare ampiamente giustificata.

Che i politici si siano fatti ammaliare dal milione e mezzo di followers della Leone su Instagram? Ma mi sembra che anche qui l’attrice catanese sia poco più di una dilettante nel confronto impietoso con i Ferragnez (sposi a Noto): tipi da 37 milioni di followers.
Si dirà che quasi tutti i giornali nazionali si sono interessati all’evento nuziale del 18 settembre. Vero. Ma con sobrietà: poche righe e non certo in prima pagina. Non guasterebbe nemmeno per noi un po’ più di misura.
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