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di Redazione

Quando il dottore Battilapanza mandò a chiamare massaro Neli, suo campiere, questi accorse subito, perché il dottore era persona importante e potente: «Voscenza benedica, che desidera?»

«Neli, devi farmi un lavoretto ‘pulito, pulito’!»

«Senz’altro voscenza; se posso, a disposizione.»

«Certo che puoi, caro Neli» – fece il dottore – «è una cosa da niente, che può farla pure un bambino. Vedi questa cosa che sembra polvere: devi soffiarla.»

Massaro Neli rimase di stucco. Aveva inteso dire che c’erano individui che soffiavano il colera, ma mai avrebbe creduto che il dottore, suo padrone, fosse uno di costoro e voleva costringere proprio lui a essere complice.

«Nonsi, voscenza. Non faccio queste cose io. Non voglio dannarmela l’anima!

Lo faccia fare a un altro», replicò deciso il massaro.

«Neli, questo sirbizzo lo devi fare tu; e se rifiuti, povero te!» tagliò corto, adirato, il dottore.

Massaro Neli adesso tremava come una foglia e piangeva come un bambino. Ma il dottore Battilapanza proseguì irremovibile: «Se lo fai, bene. Altrimenti ti faccio pentire d’essere nato. Entro ventiquattr’ore farò saltare in aria te e la tua famiglia!»

Morte dell’untore inesperto
L’epidemia del colera nel secolo XIX. Stampa popolare

Bianco come uno straccio e a testa bassa, prese la caraffa dove c’era il colera e andò a casa.

Poco gli interessava che il medico congedandolo con voce melliflua gli aveva sussurrato: «Vai, che dopo ti farò un bel regalo! Ah, dimenticavo: non soffiarlo mai col vento contro, mi raccomando.»

Giunse a casa con la morte nel cuore. La moglie, come lo vide, subito capì che era successo qualcosa di grave. E tanto fece e disse che massaro Neli le raccontò tutto per filo e per segno, concludendo: «E adesso che facciamo?»

Lei, per tutta risposta, si mise le mani ai capelli accodandosi al piagnisteo: «Me sventurata, da dove è piovuta questa mala sorte: dalle fessure dell’uscio è entrata!»

Ma subito si zittì e guardando il marito: «Possibile che il dottore non abbia l’antidoto? Altrimenti tutti quelli che lo spargono o lo custodiscono, come il dottore, potrebbero morire. E invece…»

E si diede a consolare e convincere il marito che le cose stessero in quel modo; e che se, poi, si fosse attenuto alle indicazioni del dottore, avrebbe di certo evitato il contagio. Non era il caso di scoraggiarsi.

Come si fece notte, massaro Neli uscì con circospezione e si recò in una via periferica. Prese la polvere di colera e accertatosi che il vento soffiasse di spalle la cominciò a soffiare in quei poveri usci. Ma di colpo il vento cambiò e prima che potesse pararsi si ritrovò cosparso di polvere. E addio massaro Neli!

Morte dell’untore inesperto
Ragusa, via 24 Maggio: Edicola sacra commemorativa del colera del 1837- Foto: Giovanni Tidona

Questo racconto popolare ragusano si nutre della paura, superstizione e fatalismo che avvolsero le cruente epidemie di cholera morbus del 1837, 1854 e 1865.  Assente, oltre alle elementari norme igieniche e sanitarie, un piano pubblico di contrasto, nel secolo XIX alcune infezioni virali degeneravano a volte in pandemie in Europa in Italia e in Sicilia. La lotta dei ricercatori più illuminati e dei medici fu ardua perché dovette scontrarsi col muro di diffidenza e fatalismo della popolazione, convinta che queste epidemie fossero una scorciatoia del ‘governo’ per liberarsi di buona parte della popolazione.

Tra i medici in prima linea a Ragusa, nel 1837, troviamo il dottore Giuseppe Carbonaro (1800-1858) già medico del Regno delle due Sicilie, ricercatore e docente di fama a Napoli, autore di varie pubblicazioni sul colera. Ritornato nella sua città natale prestò la sua opera e organizzò un attento ed efficace contrasto al virus, propugnando come prima prassi l’igiene personale e pubblica.

Abitava a metà della strata interna, che collega Ibla a Ragusa Superiore (oggi via XXIV maggio) nel palazzo su cui si appoggia una monumentale edicola sacra, dedicata alla Madonna del Rosario, che ricorda quella tragica epidemia del 1837.

Lo hanno dimenticato il buon dottore Carbonaro e pure le sue ‘moderne’ profilassi da contrapporre ai virus aggressivi e alle fole, altrettanto perniciose: ma che continuano ad albergare, mutando come i virus, nel cuore e nella mente degli uomini.

Morte dell’untore inesperto
Ritratto pittorico del Dott. Giuseppe Carbonaro. – A destra: una sua pubblicazione scientifica

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1 Comment

  1. Giuseppe Cultrera Reply

    Il racconto dell’untore ‘controvoglia’ è desunto dal bel volume di Giovanni Selvaggio Cunti e leggende di casa nostra, Editrice il Gattopardo Ragusa, 1991, pagine 160-162: per corretta e doverosa informazione. Giovanni Selvaggio, ricercatore popolare ragusano, è autore pure di un altro pregevole repertorio popolare: Parabbula significa… altre parità e storie morali del nostro poipolo, Chiaramonte Gulfi, Utopia Edizioni, 1987. In entrambi i volumi vengono riportate delle storie raccolte la versione in lingua siciliana, anche in più varianti.

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