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di Giuseppe Schembari

A che punto siamo, oggi, nella letteratura italiana? Il dubbio sorge spontaneo dopo la deludente lettura del nostro libro del mese di ottobre: “Niente di vero” di Veronica Raimo. Perché non si tratta di narrativa qualsiasi, ma del Premio Strega Giovani 2022. Ovvio che il dubbio immediatamente successivo riguarda proprio la qualità di questi premi letterari nel nostro tempo. Possibile che tra i partecipanti a quel che è stato uno dei più prestigiosi premi italiani, non si sia trovato nulla di meglio da premiare?

Veronica Raimo (foto corriere.it)

No, non si esagera. Si fa davvero fatica a trovare qualcosa da salvare in queste 176 pagine di vuoto assoluto (la Raimo ci ha fornito la prova scientifica che tale vuoto è possibile). Forse perché l’autrice non aveva proprio nulla di interessante da raccontarci intorno a sé e alla sua famiglia? Temo di sì. E lo sforzo di scrivere a tutti i costi qualcosa di intrigante e dissacrante, con una ricerca quasi ossessiva della battutina, sembra aver prodotto soltanto situazioni improbabili (come da titolo) in una forzata ironia del tutto spuntata, a tratti fastidiosa, checché ne possa dire il simpatico Zerocalcare.
Un romanzo che non riesce né a sorprendere né a trasmettere emozioni e si arriva all’ultima pagina (ci si giunge piuttosto in fretta) senza ricordare di aver letto proprio nulla di lontanamente memorabile. Niente che ci possa rimanere incollato.

Il bravo fumettista Zerocalcare e la sua opinione riportata da Einaudi

Non che la Raimo non sappia scrivere, intendiamoci. Tutt’altro. La sua è una scrittura fluida, piacevole e moderna, ma si deve pur avere qualcosa da dire per trasmettere qualche emozione. In caso contrario diventa solo un asettico esercizio di stile (quel che in effetti appare) di fronte al quale pure il non-esigente lettore medio si incavolerà non poco per aver buttato al vento 19 euro: il prezzo assai esoso preteso da Einaudi a ottobre. Già, la gloriosa Einaudi. E qui si fa avanti il terzo dubbio. Pubblicare una robetta così insignificante vorrà forse dire che qualcosa non va nella prestigiosa casa editrice? Oppure sarà colpa della crisi epocale dell’editoria che ha omologato il mercato verso il basso che più basso non si può? Non conosco così a fondo questo mondo per poter formulare precise opinioni, ma da semplice lettore non posso che rimanerne basito.

Il verdetto del gruppo di lettura è stato di quasi unanime “condanna”, sebbene con diverse sfumature. Caso assai raro nei nostri 20 mesi di attività. Per essere più esatti soltanto la voce della più giovane del gruppo si è levata a difesa dell’opera; per la simpatica ironia e alcuni interessanti intrecci familiari.
Esisterà pure una questione generazionale in una tale difformità di giudizio?

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