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di Vito Castagna

CANTO V (parte seconda)

Mi rivolsi a Virgilio con la voce rotta dal pianto: «Guarda quelle due anime che si cingono il fianco. Vorrei parlargli».
La guida, rapita da quella visione, mi parlò senza voltarsi: «Quando saranno più vicine, le inviterai a parlare di quell’amore che ancora le tiene così legate e sono certo che loro verranno».

Attesi che la macabra danza del vento le avvicinasse a noi con una piroetta. Poi vociai contro la bufera: «O anime disperate, venite a parlarci, se nessuno lo nega!».

Come colombe che planano con ali ferme al dolce nido, si svincolarono dall’affollata schiera di Didone e attraversarono, senza trovare resistenza, il vento infernale, spinte dal mio pietoso richiamo. Si pararono dinanzi a noi un uomo ed una donna completamente nudi. I due rimasero abbracciati coprendosi i sessi con le cosce, i seni di lei erano celati alla vista da una lunga chioma bionda. Qualche ciocca ondeggiava con gli sbuffi del vento. La sua pelle candida era squarciata da un’ampia ferita sul petto; il suo compagno dai riccioli neri, invece, era stato trafitto tra il collo e la scapola destra. Quando il rumore che echeggiava tra le pareti si calmò, la fanciulla mi rivolse la parola:

«O anima gentile, che ti sei rivolta a noi che bagnammo il mondo col nostro sangue, se fossimo in gloria a Dio, lo pregheremmo di proteggerti, tu che tanto hai pietà della nostra triste condizione. Parleremo di tutto ciò che vorrete. Nacqui a Ravenna, dove il Po sfocia in mare con i suoi affluenti. L’amore, che tanto in fretta si lega ad un cuore nobile, mi travolse e fu causa di questo male che ancora ci punisce. L’amore, che non permette a nessun amato di non corrispondere, ci condusse alla medesima morte. Gianciotto, mio marito, dopo aver scoperto il mio tradimento, ci uccise senza pietà e per questo è punito tra i violenti».

Compresi la natura di quelle ferite e, sovrastato da tanto dolore, chinai il capo non riuscendo a guardarla.
«A cosa pensi?». Mi disse Virgilio. Ed io risposi: «Ahimè, quanti sentimenti e desideri condussero queste povere anime ad un simile trapasso».

Poi mi rivolsi alla giovane: «Francesca, la tua sorte mi rattrista. Ma ti prego, raccontami come Amore vi istillò in cuore i suoi dolci sentimenti».

«La tua guida sa bene quanto sia doloroso ricordare il tempo felice quando si è soffocati dalla miseria. Ma se tu ardi così tanto dal conoscere quale fu la scintilla del nostro amore, te lo racconterò. Un giorno noi leggevamo di come Lancillotto venne colto dall’amore; eravamo soli nella mia stanza. La lettura ci spingeva a guardarci negli occhi, i nostri volti si arrosavano, ma resistemmo a lungo. Un passo solo fece crollare le nostre difese. Quando leggemmo che il desiderato sorriso di Ginevra era stato baciato dal cavaliere, Paolo mi cinse a sé e tremante di desiderio mi baciò. Di questo furono colpevoli il libro e chi lo scrisse: da quel giorno abbandonammo quella lettura, ma impuniti continuammo a chiuderci nelle mie stanze».

Mentre Francesca parlava, Paolo la strinse a sé e nascose, singhiozzando, il volto tra i folti capelli della compagna. Le sue lacrime bagnavano la fenditura che ella portava nel petto.
Quel destino nefasto mi commosse a tal punto che, privo di forze, svenni. E caddi come corpo morto cade.

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