di Giuseppe Cultrera
Era una lagna continua, quella dei contadini e poveri vari:
«Ma che solo noi poveracci siamo destinati a soffrire, mentre quegli altri si strafogano come porci e sono sempre in festa? Manco fossimo stati noi, Signore, a conficcarvi i chiodi della croce!».
Non la finivano più. Sicché il Padreterno – siamo, come avete capito, ai tempi dei tempi – un po’ preso a pietà di costoro un po’ perché non ne poteva più, emanò un bando, che diceva: «Giorno tal dei tali, in tal luogo, accorrano tutti, perché ci sarà la ridistribuzione dei beni e dei mali!».
Ad arrivare per primi furono i cavalieri e potendo avere larga mano s’arraffarono – e che erano minchioni?! – il meglio del tutto: terreni, ricchezze, divertimenti, i posti di comando; ma come contrappasso, sulla salute dovettero metterci una croce lunga un palmo. Per questo sono spesso malaticci e di ‘malacculuri’.
Appresso vennero monaci e parrini, i quali dichiararono al Signore che sarebbero stati appagati dal solo Paradiso. Ma poi, facendo mente locale, si dissero: «Non è il caso di essere ingenui». E raccattarono quanto lasciato dai ricchi. Però anche loro dovettero cedere qualcosa. Per quanto riguarda la femmina, nisba! Dovettero togliersela di testa, anzi Domineddio impose loro che mettessero delle grandi gonne, perché fosse chiaro che le donne andavano considerate quali sorelle.
I villani arrivarono per ultimi e trovarono la ‘Gerusalemme distrutta’.
Si guardarono attoniti e sconsolati, iniziando un pianto accorato e lamenti continui: «E adesso come facciamo, Signore? Cavalieri e parrini non hanno lasciato neppure le briciole!».
E continuando: «Eravamo poveri e adesso siamo ancor più disgraziati e poveracci. Non resta niente per noi, tutt’attorno sembra spazzolato, neppure un filo. Anzi no, solo un asinello è rimasto, per colmo di dispetto!».
Paziente rispose Domineddio: «E voi perché non siete corsi subito al luogo della distribuzione, sapete bene che, chi non si dà verso, non ‘mangia’? Adesso dovrete contentarvi del solo asinello rimasto, quale ausilio e compagno al duro lavoro».
I poveri replicarono piangendo sommessamente: «Ma i nostri mali sono tanti, o Signore!».
«Sì, è vero, sono molti i vostri mali, tantissimi, come le pulci in agosto» continuò con paterna comprensione Domineddio, «ma di uno principalmente dovrete guardarvi, lo ‘sbirro’, che per voi è il pericolo più grande!».
L’apologo sullo stato dei ricchi e dei poveri è una libera versione del racconto morale, raccolto nella seconda metà del secolo XIX da Serafino Amabile Guastella dalla viva voce del contadino chiaramontano Vincenzo Gulino, inteso Sirènu e trascritto in nota alla sua opera Le parità e le storie morali dei nostri villani (Ragusa, 1884). Un tassello – come gli altri 28 riscontrabili sempre in nota al citato volume – di cultura contadina, intrisa in pari misura di saggezza filosofica e disincantato opportunismo, condito, il tutto, di sana ironia. Guastella, De Roberto, Capuana e Verga, specialmente, hanno dato veste letteraria a questo mondo degli ultimi.
Che poi oggi alcuni intellettuali di spicco sull’onda di opportunistici revisionismi o di folgorazioni critiche auspichino una serena rilettura di classici e autori del passato per dare loro collocazione adeguata (adeguata?) nella storia della letteratura, non è novità ma storia già vista e sentita.
Il mio corso monografico, nei lontani anni Settanta, fu su Verga. Lo tenne con passione ed empatia Carlo Muscetta, uno dei più grandi studiosi della letteratura italiana nel secolo scorso. A Rosso Malpelo dedicò un lungo ciclo di lezioni.
Ho amato smisuratamente Verga, il suo stile, la lingua, la psicologia dei personaggi. L’ho letto e riletto. Susanna Tamaro, scrittrice di grande valenza culturale, invece, lo ritiene sopravvalutato: l’ha detto, qualche giorno fa, al Salone del libro di Torino. Giovanni Verga e i suoi umili conterranei, ce ne faremo una ragione.
Il banner e le illustrazioni sono opera del pittore siciliano Roberto Rimini (1888-1971). Sono tratte dal sito: Roberto Rimini Official Website • © 2015 Giuseppe Maimone Editore
DIDASCALIE – Banner: Pane, 1934 – Fig.1: Sete all’aia, 1964; Contadino, 1939; Fatica,1964 – Fig. 2: Asinelli, 1940 – Fig. 3: Mietitura, 1940 – Fig. 4: Ritratto di Giovanni Verga, 1931; Lo scialle nero, 1943.