di Christian Pancaro
Lo scorso 25 luglio, nel primo pomeriggio, un’apocalittica pioggia di fuoco ha investito le pendici di Monte Grifone alle porte di Palermo devastando la vetusta chiesa di Santa Maria di Gesù, che accoglie le spoglie del fondatore del convento, il Beato Matteo Gallo d’Agrigento, e di San Benedetto il Moro.

Il tutto è stato ripreso in diretta da alcuni abitanti della zona e confrati di San Benedetto che, impotenti, assistevano alla forza del fuoco che consumava il soffitto ligneo trecentesco e i due corpi santi, compresa la statua lignea della Vergine alla quale è intitolato tempio e il convento dei frati minori.
Le immagini che dopo qualche ora sono comparse su tutti i canali mostrano la chiesa quasi incenerita e scoperchiata, suscitano sgomento, desolazione e devastazione, richiamando i versi di una sequenza latina che si recitava e/o cantava durante le messe dei defunti: il Dies Irae di Tommaso da Celano. Proprio attorno alla chiesa e al convento sorge il cimitero monumentale della città di Palermo che per poco non è stato divorato dalle fiamme, dove trovano riposo i membri della famiglia Florio, che fecero la storia imprenditoriale della Belle Epoque, la poetessa Giuseppina Turrisi Colonna, il giudice Paolo Borsellino e altre personalità.

Si cercano oggi le cause di questo disastro ambientale e architettonico corroborate dagli effetti del cambiamento climatico manifestato dalle temperature che hanno raggiunto preoccupanti record, e generate da misteriosi soggetti che continuano ad appiccare focolai e che, in questo caso, hanno disintegrato una parte della memoria della città, perché proprio Santa Maria di Gesù, ai piedi della montagna, custodiva tesori materiali e immateriali che spesso l’uomo contemporaneo ha del tutto ignorato.
Attorno al luogo di culto sono sorte diverse leggende. La prima narra che la costruzione della chiesa e del convento siano stati voluti da Sant’Antonio da Padova che si trovava di passaggio in quelle contrade. Un altro racconto riguardante la fondazione attesta, invece, che il Beato Matteo si sia affidato ai buoi per trasportare una statua della Vergine. Il sant’uomo avrebbe poi fatto sorgere il convento lì dove gli animali si fermarono, dopo essersi riposati in una contrada alle sponde del Fiume Oreto che da allora prese il nome di Buonriposo. Alla morte del fondatore, i frati trafugarono le sue spoglie dal convento palermitano dedicato Francesco d’Assisi e presto furono inseguiti ma, arrivati alla contrada della Guadagna, una pioggia torrenziale bagnò e confuse i francescani inseguitori lasciando asciutti quelli di Santa Maria.

Ma di certo queste non sono le sole storie riguardanti il convento e la sua comunità. Si racconta che nel sec. XVI arrivò da San Fratello (ME) un frate dalla carnagione scura, figlio di schiavi etiopi, che aveva vissuto come eremita sul Monte Pellegrino per poi rifugiarsi a Santa Maria. Egli vi operò molti prodigi e ne divenne frate superiore. Dal suo bastone piantato nel terreno germogliò un cipresso. Oggi quel cipresso ha resistito alle fiamme dei piromani quale testimone di resistenza e di rinascita da quelle ceneri.
5 Comments
Bellissimo articolo.scritto con il ❤
Sempre chiaro nelle spiegazioni, un oratore amabile da ascoltare.
Purtroppo l’essere umano è in grado di produrre grande bellezza quanto grande devastazione. L’importante sarebbe non dimenticare mai… Forse, invece, dimentichiamo troppo facilmente.
Bellissimo articolo: complimenti
Complimenti!
Articolo eccelente!
Christian Pancaro si dimostra sempre una fonte preziosa per la storia palermitana e siciliana.